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Comporre
L'arte del romanzo e la musica

A cura di Walter Nardon e Simona Carretta
2014, Università degli Studi di Trento
Meno indagato delle relazioni tra poesia e musica, il rapporto fra musica e romanzo risulta tanto rilevante da illuminare alcuni aspetti fondamentali dell'arte narrativa: elementi come l'intona¬zione e il ritmo rivestono, infatti, un ruolo essenziale sia nella narrazione orale, sia in quella scritta. Il tono, la cadenza e lo sviluppo di una voce narrante presentano caratteri musicali e così l'orchestrazione di voci e registri diversi, l'intreccio di varie linee narrative, l'alternarsi dei temi. Non si tratta solo di espressioni metaforiche: non a caso si parla, in entrambi gli ambiti, di composizione. I termini retorici che definiscono lo sviluppo di un brano musicale, o di un racconto, mostrano un'evidente influenza reciproca e un'invidiabile resistenza allo scorrere del tempo. Per queste ed altre ragioni gli scrittori del XX secolo hanno guardato alla musica con interesse, traendone spunti dal punto di vista tematico, stilistico e compositivo. Pensiamo a Proust, Joyce, Thomas Mann, Broch, Céline, Gadda, Beckett, Bernhard, ma anche a Cortázar, Pynchon, Foster Wallace. Alejo Carpentier ha dato prova di sé anche come musicologo, Kundera è arrivato a descrivere in dettaglio una vera e propria arte della composizione romanzesca. Partendo da un punto di vista più vicino alla pratica letteraria che alla scienza dei libri, questo volume affronta le modalità in cui la musica è presente nel romanzo. Nel pieno rispetto dell'autonomia di ciascuna delle due arti, scrittori, saggisti e critici letterari riflettono su numerosi aspetti del fenomeno. Come prende la parola la voce narrante e che rilievo ha il suono di questa voce? In che modo la scrittura beneficia di un'influenza musicale? Qual è il rapporto fra composizione musicale e composizione romanzesca? A questi e ad altri interrogativi rispondono, nell'ordine: Gabriele Frasca, Andrea Inglese, Walter Nardon, Simona Carretta, Massimo Rizzante, Andrzej Hejmej, Elisabeth Rallo-Dichte, Marcel Dichte e Carlo Cenini.

Avventure da non credere
Romanzo e formazione

A cura di Walter Nardon
2013, Università degli Studi di Trento
Il carattere sorprendente, a volte incredibile delle avventure scritte in un romanzo rimane anche in epoca contemporanea uno dei migliori intermediari fra l'autore e il lettore e dunque un aspetto centrale della passione romanzesca. A causa di questa passione e delle sue possibili conseguenze, dalla prima età moderna al Novecento il romanzo è stato osservato con sospetto e spesso chiamato in giudizio da parte di autorità politiche, religiose e formative che, nel caso in cui il limite tra finzione e realtà quotidiana non risultasse evidente, lo hanno imposto con forti restrizioni e con la censura. Il timore che il romanzo non fosse riconosciuto a sufficienza come 'cosa da non credere' si è mostrato estremamente diffuso: il rischio di identificazione e quindi di emulazione dei comportamenti dei personaggi da parte dei lettori era ritenuto troppo elevato, rischio che interessava una società poco alfabetizzata in cui le rare letture, per lo più devozionali o edificanti, di norma esortavano proprio all'emulazione. Più il romanzo si è avvicinato al realismo, più questa preoccupazione è cresciuta. Questo singolare timore per l'identificazione nei personaggi, dietro l'attenzione per le fragili coscienze dei lettori nasconde a stento la diffidenza nei confronti dell'autonomia di pensiero, diffidenza che trova nel romanzo un antagonista irriducibile. Per secoli trascurato, osteggiato dalle istituzioni formative e posto ai margini della cultura alta, il romanzo ha favorito l'espressione individuale e la diffusione sociale della lettura, promuovendola nel senso di una pratica silenziosa, privata e non istituzionale. In questo modo è risultato rilevante anche in termini formativi. Questo libro riflette sull'esperienza narrativa e sui suoi frutti da diverse prospettive, grazie al contributo di scrittori, saggisti e critici letterari. In che modo le avventure possono essere prese alla lettera? Qual è la lezione di queste avventure? Quale saggezza insegna il romanzo? Come influenza la nostra conoscenza del reale e la nostra espressione? A questi e ad altri interrogativi rispondono, nell'ordine: Michele Mari, Walter Nardon, Alessandro Raveggi, Giancarlo Alfano, Gianni Celati, Massimo Rizzante, Alessandro Gazzoli, Helena Janeczek, Pia Petersen ed Enrico De Vivo.

Pro e contro la trama

A cura di Walter Nardon e Carlo Tirinanzi de Medici
2012, Università degli Studi di Trento
La narrativa non può prescindere da una trama, e il romanzo, la forma narrativa più importante della modernità, non fa eccezione. Esso si è sviluppato attraverso un dialogo costante con il proprio passato e in una prospettiva sovranazionale, adattando alle proprie necessità sistemi narrativi antichi o preesistenti e creandone di nuovi. Ciò ha portato a un'incredibile varietà di forme - di stili, di strutture, nonché di trame - che hanno avuto più o meno fortuna, venendo o meno riprese, codificate, riprodotte. Così la storia del romanzo mostra trame lineari, a incastro, circolari; romanzi polistorici o minimalisti. Il Modernismo ha progressivamente ridotto lo spazio per la trama in favore del principio architettonico e dell'inserto saggistico; le ondate delle avanguardie del Novecento hanno dimostrato, anche se a scapito della leggibilità, che è possibile costruire un romanzo quasi senza trama. La trama come sequenza di azioni che procede rapidamente verso la propria conclusione, che ha nella suspense il proprio principio costruttivo, è stata considerata per molti anni un dispositivo banale, caratteristico di opere d'intrattenimento senza alcuna pretesa artistica. Tuttavia, per varie ragioni - in primo luogo editoriali, ma non solo - le opere che privilegiano questo aspetto a scapito di altre componenti crescono sempre di più. È quindi opportuno interrogarsi sul ruolo degli elementi formali in questo genere e chiedersi quali siano le ragioni di quest'arte attraverso l'analisi del suo elemento più discusso e necessario. Questo libro affronta la questione grazie al contributo di scrittori, saggisti, critici letterari, che da diverse prospettive riflettono su numerosi aspetti del fenomeno. La trama si definisce sul filo del racconto o segue uno schema prefissato? Qual è lo spazio della composizione in un romanzo? Quanto incide, nel romanzo, il rapporto tra fabula e intreccio? Quali sono le strategie di costruzione della trama? Quali le soluzioni più significative? A questi e ad altri interrogativi rispondono, nell'ordine: Gianni Celati, Massimo Rizzante, Walter Nardon, Carlo Tirinanzi De Medici, Andrea Inglese, Lakis Proguidis, Giorgio Vasta, Simona Carretta, Wada Tadahiko, Daria Biagi, Stefano Zangrando, Miguel Gallego Roca, Silvia Annavini e Roberto Francavilla.

La poesia della prosa

A cura di Massimo Rizzante, Walter Nardon, Stefano Zangrando
2011, Università degli Studi di Trento
Gli interventi qui raccolti (Lakis Proguidis, Andrea lnglese, Michael Krüger, Franco Stelzer, Walter Nardon, Stefano Zangrando, Miguel Gallego Roca, Giuseppe Montesano), sebbene analizzino autori e opere molto diversi, sono accomunati dalla consapevolezza che dopo l'epoca romantica, nello stesso momento storico in cui per la poesia si biforcano i sentieri inaugurati da Baudelaire (petits poèmes en prose) e Mallarmé (arcipoesia), anche il romanzo può essere concepito come poesia. La poesia del romanzo non consiste tanto nella liricizzazione della prosa o nell'enfasi posta sull'aspetto linguistico dell'opera romanzesca, quanto nella densità semantica legata all'idea che ogni parola in prosa assume lo stesso valore che in poesia, cosa che permette di rinnovare concettualmente alcune categorie narrative come, ad esempio, quelle di dettaglio, motivo, tema, stile e composizione.

 

Al di là del genere

A cura di Massimo Rizzante, Walter Nardon, Stefano Zangrando
2010, Università degli Studi di Trento
Il volume Al di là del genere raccoglie gli interventi che si sono tenuti tra l'autunno del 2007 e la primavera del 2008 nel quadro del Seminario lnternazionale sul Romanzo (SIR) svoltosi presso il Dipartimento di Studi Letterari, Linguistici e Filologici dell"Università degli Studi di Trento. Dopo la prima edizione, conclusasi nel 2008 con la pubblicazione in questa stessa collana del volume Finzione e documento nel romanzo, la seconda edizione del SIR, che ha visto la partecipazione di romanzieri, uomini di teatro, scrittori, saggisti italiani e stranieri quali Fernando Arrabal, Keith Botsford, Marek Bieńczyk, Dubravka Ugrešić, Benoît Duteurtre, Ermanno Cavazzoni, e l'organizzazione di un simposio in onore di Milan Kundera (con proiezioni cinematografiche tratte dalle sue opere e la messa in scena della sua pièce teatrale Jacques e il suo padrone), ha ruotato intorno a una domanda: è possibile tracciare i confini dell'arte del romanzo? Ciò che ha orientato il Seminario è stata la volontà di esplorare le relazioni tra il romanzo e le altre arti, in particolare, il teatro, la musica, il saggio, il racconto, la narrazione orale, il cinema, tenendo tuttavia ben presente l'idea che il romanzo moderno è un'arte con una sua data di nascita, una sua storia, una sua autonomia estetica e un suo modo specifico di conoscere il mondo. La sfida, perciò, è stata quella di cercare di comprendere e di segnare la frontiera delle diverse arti, piuttosto che soccombere all'ideale, oggi tanto in voga quanto illusorio, della loro contaminazione.

Finzione e documento nel romanzo

A cura di Massimo Rizzante, Walter Nardon, Stefano Zangrando
2008, Editrice Università degli Studi di Trento
Perché il «documento» concorre in misura sempre più invasiva nella creazione? Un tempo non molto lontano il romanzo inglobava il saggio. Oggi sembra avvenire il contrario: è il saggio che ingloba il romanzo. Ciò dipende dal fatto che la nostra percezione fantastica si sta sempre più indebolendo, o meglio, è sempre più oppressa e sterilizzata dalla percezione documentaria dei fatti e delle informazioni tanto che non riusciamo più a concepire un romanzo come un luogo ludico, una finzione? La serietà dei fatti ha vinto sulla non serietà dell'arte? È per questa ragione che gli scrittori oggi preferiscono quello che Salman Rushdie chiama il «saggio narrativo», quando non si dedicano con accanimento al reportage, all'inchiesta, al racconto di viaggio? Siamo poi davvero sicuri che un reportage, un racconto diretto dei fatti, ci dica di più sulla realtà di quanto possa fare un romanzo? Queste e altre domande si rincorrono e si richiamano nei testi qui raccolti, dando vita a un dialogo a distanza su uno dei temi fondamentali della creazione letteraria dei nostri anni, tema che è stato il fulcro del primo anno di attività del Seminario Internazionale sul Romanzo tenutosi presso il Dipartimento di Studi Letterari, Linguistici e Filologici dell'Università degli Studi di Trento e che ha visto la partecipazione da novembre 2006 a maggio 2007 di alcuni tra i più importanti scrittori italiani ed europei, fra i quali, Eraldo Affinati, Gianni Celati, Antonio Moresco, Giacomo Sartori, Ornela Vorpsi, Božidar Stanišič e Ingo Schulze.