"Con voce nuova". Un ponte tra sordi e udenti

Con voce nuova – l’Inferno di Dante
progetto teatrale per sordi e udenti
una produzione Emit Flesti
da un’idea di Filippo Calcagno
regia Alessio Dalla Costa
con Maria Vittoria Barrella, Filippo Calcagno, Filippo Porro
voci di Annalisa Morsella e Alessio Dalla Costa
coreografie di Silvia Dezulian
scenografie di Gelsomina Bassetti
Traduttrice di Lingua dei Segni Italiana Daniela Franco

Il progetto è patrocinato dall’Ente Nazionale Sordi (ENS), nello specifico dalla sezione di Trento. E con la collaborazione di Ridisegnando - associazione onlus per la promozione della lingua dei segni italiana e del bilinguismo.
Partner del progetto Ens, Ridisegnando, Lavisana, Cantine Lavis.
L'iniziativa è stata realizzata con il contributo di Regione Trentino / Alto Adige, Provincia Autonoma di Trento, Fondazione Caritro.
Visto il 26 novembre 2017 presso il Teatro Portland di Trento

di Enrico Piergiacomi
 

Come molti altri testi poetici che parlano di un contatto con un (presunto o effettivo) aldilà, la Divina Commedia rappresenta un “ponte” tra due mondi generalmente separati: quello dei vivi (= Dante che entra all’inferno) e quello dei morti (= i dannati dei gironi infernali). Nel caso della messa in scena di alcuni canti dell’Inferno nello spettacolo Con voce nuova di Emit Flesti, assistiamo però ad un collegamento in più. La compagnia costruisce, infatti, un secondo ponte tra due mondi più piccoli che sono dentro il mondo più grande dei vivi: quello dei sordi e quello degli udenti.
Con voce nuova è del resto un lavoro che rappresenta la Commedia dantesca senza usare la parola, o il logos che, se leggiamo l’incipit del Vangelo di Giovanni, è il principio di tutto che sta presso dio, anzi che è dio. Esso è una selezione di alcuni episodi danteschi che vengono raccontati da tre attori attraverso il linguaggio dei segni, le azioni del corpo e la danza. In questo modo, sia lo spettatore udente che fa fatica a capire l’italiano trecentesco di Alighieri, sia lo spettatore sordo, riescono a entrare nella poesia dei canti dell’Inferno e a coglierne in maniera limpida la bellezza, nonché il loro significato profondo.
Si potrebbe certo parlare a lungo di come la selezione dagli episodi della Commedia è stata compiuta e della loro concreta realizzazione scenica, che spesso si basa su un’interpretazione molto connotata dell’originale di Alighieri. La nota storia di Paola e Francesca viene raccontata, ad esempio, aderendo alla teoria che il poeta guardi con partecipazione il loro amore, pur essendo costretto dalla morale cristiana a condannarli a un tormento eterno. I corpi degli attori che lo rappresentano fanno del resto uso qui di movimenti leggeri e dolci, che sembrano quasi costituire un momento paradisiaco all’interno della violenta rassegna degli altri dannati dell’inferno.
Ciò che forse merita di essere valorizzato di più – perché ha a che fare con lo specifico del teatro – è, tuttavia, l’elemento comune al modo in cui vengono rappresentati tutti questi episodi. Non potendo raccontare la vicenda attraverso la parola e dovendo far capire il testo anche a persone che lo ignorano, gli attori sono obbligati ad usare gesti plastici, puliti e riconoscibili. Se a uno sguardo superficiale questo tratto recitativo dà l’impressione di uno spettacolo lento e didascalico, a uno più attento esso risulta essere perfetto e decisivo. Soprattutto un sordo non potrebbe seguire la poesia della Commedia in assenza di queste indicazioni, poiché il linguaggio dei segni si distingue da quello della parola orale per la sua precisione e ricchezza di sfumature. Per il resto, non vedo come l’idea della pulizia e della plasticità possa essere letta come un disvalore. Una delle qualità della poesia è la capacità di esprimere idee complesse con un linguaggio semplice e limpido. Visto che il dettato dantesco è poetico, la qualità pulita e plastica di Con voce nuova esprime al meglio la poeticità della Commedia.
Da un punto di vista generale, si può concludere che lo spettacolo di Emit Flesti mostra la semplice verità che è possibile fare ottimo teatro senza pronunciare una singola parola. Quel che conta è che vi sia poesia in scena, e Con voce nuova ne ha parecchia. La scelta di evocarla solo con la parola, solo con il corpo, o con il corpo e con la parola insieme, è secondario.