Educazione europea: opera didattica di Galeotti-Plancher

Educazione europea
Liberamente ispirato all'omonimo romanzo di Roman Gary
di e con Elena Galeotti e Filippo Plancher
Assistente Ilaria Debbi
Voci Massimiliano Frabetti, Elsa Maria Frabetti, Elia De Biasi e Laboratorio Teatro [in]stabile
visto il 25 giugno 2017 presso il Teatro La Scuderia di Monte San Vito

di Enrico Piergiacomi

A cosa è educato un essere umano in condizioni di estrema sopraffazione e violenza, come una guerra? Non è possibile dare una risposta univoca a una simile domanda, poiché in realtà sembra che in lui convivano due tentazioni. Subendo violenza e sopraffazione, un essere umano è educato ad essere, anzitutto, a sua volta prevaricatore e violento. La necessità della sopravvivenza in guerra lo impone: un soldato altrettanto disperato ma con meno scrupoli eserciterà violenza sul più debole, se da ciò ricaverà salvezza e sollievo. Può tuttavia anche capitare che, in circostanze estreme, un essere umano sia educato, in secondo luogo, a preservare e amare quanto in guerra andrebbe altrimenti perduto. Come il cibo procura piacere quando si ha fame, colmando il dolore del bisogno, così la musica e la poesia risultano più dolci in mezzo al sangue, al gelo, a disumani soprusi, perché mitigano la violenza con cui si è ormai abituati a convivere.
Su questo tema di fondo è incentrato lo spettacolo teatrale Educazione europea di Elena Galeotti e Filippo Plancher. Il lavoro trae spunto dal romanzo omonimo di Roman Gary, che racconta la vicenda di alcuni giovani partigiani polacchi (Yanek e i suoi amici) durante la II Guerra Mondiale ed evidenzia la risposta ambigua degli esseri umani circondati dalla violenza. Educazione europea è, infatti, al tempo stesso, la guerra che costringe ad apprendere sempre mezzi più sofisticati per uccidere e il libro che uno dei combattenti adolescenti cerca di scrivere, per insegnare all’Europa del futuro a non commettere gli stessi errori del passato. In questo modo, Gary nota l’inevitabilità di quanto segue: gli esseri umani in condizioni estreme apprendono sia a sopraffare gli altri, sia a tutelare quanto di bello il mondo ha da offrire. Il trilemma sta, dunque, nel capire o se sia realistico scegliere la sopraffazione per sopravvivere, o intelligente coltivare musica e poesia in attesa della pace, o necessario praticare entrambe nella giusta misura.
Il taglio dello spettacolo di Galeotti-Plancher insiste, però, sugli aspetti positivi e costruttivi del romanzo. Questa scelta indirizza le coscienze degli spettatori a intraprendere con decisione la seconda via posta dal trilemma di cui sopra. È senz’altro meglio cercare la bellezza nella violenza, anche se questo potrebbe apparire ingenuo e controproducente. I benefici che ne seguiranno sono, infatti, almeno per le future generazioni, superiori a quelli che si ricavano, nell’immediato, assecondando la violenza.
Galeotti e Planchert possono certo insistere su questo punto, grazie al focus da loro scelto. Lo spettacolo non rappresenta direttamente i giovani partigiani in lotta. Ciò che vediamo è Planchert che interpreta Gary stesso, mentre nel suo studio si chiede come raccontare nel libro Educazione europea quanto lui e i suoi amici avevano vissuto durante la II Guerra Mondiale, e Galeotti che recita la parte di sua moglie Jean Seberg, intenzionata ad aiutare il marito a calarsi dell’atmosfera creativa giusta per scrivere. Lo spettatore osserva così una recita giocosa dei due coniugi, che impersonano i ruoli dei giovani adolescenti in guerra e possono dunque riflettere sui loro dolori da lontano, ormai al sicuro dagli orrori passati. In questa dimensione, persino i rari episodi di violenza del romanzo che vengono rappresentati – ad esempio, il racconto di Yanek che uccide un giovane Tedesco che pattina sul ghiaccio – diventano un gioco in cui non si corre alcun pericolo.
Il punto che permette a Galeotti-Planchert di insistere sulla componente positiva del romanzo è, dunque, la scelta deliberata di mettere la guerra sullo sfondo. L’orrore passato va dimenticato e sostituito dall’azione fiduciosa verso il futuro. Se si vuole insegnare alle nuove generazioni a non ricadere più nella violenza, o ad opporsi a questa nel caso fossimo di nuovo costretti a fronteggiare una situazione estrema, bisogna farlo qui e ora, facendo loro amare la bellezza in tempo di pace. Non a caso, Galeotti e Planchert presentano Educazione europea come uno spettacolo sull’adolescenza, più che come uno sulla guerra. L’intento è quello di lodare le vite di pochi giovani che non si sono piegati alle brutture del conflitto e hanno sperato in valori come la solidarietà, la libertà, l’amicizia, senza i quali l’essere umano si trasforma in un animale che divora voracemente i suoi simili.
Questa riscrittura del romanzo Educazione europea di Gary permette di compiere una riflessione di carattere più generale sul ruolo del teatro. Vi sono spettacoli che insistono più sulla componente intelligente dell’uomo e altri che muovono il suo desiderio di agire. I primi sono senz’altro più complessi quanto ai temi, alla costruzione scenica, alle visioni evocate e stimolano a ragionare in maniera sottile sulla vita nel suo complesso. I secondi dicono invece cose più elementari, ma hanno la virtù di essere comprensibili a tutti, di sottolineare alcune verità importanti e di invitare gli spettatori ad intervenire attivamente sul mondo. Educazione europea si propone come uno spettacolo del secondo tipo ed è sotto questo rispetto che va apprezzato.
Del resto, dire “elementare” non significa dire “banale”. I bambini imparano la difficile attività del linguaggio cominciando da un abecedario, che, ad esempio, aiuta ad apprendere la lettera “M” disegnandole vicino una grossa mela di un rosso sodo. Se si deve dunque educare i nuovi adolescenti ad odiare la sopraffazione e amare la bellezza, occorre dirlo in modo semplice, senza complicazioni intellettuali. Quando poi essi cresceranno, avranno modo di usare questi valori elementari per costruire mondi più ricchi, al pari dei bambini che usano le lettere per esprimere pensieri più complessi.