Il disgelo dei sentimenti nell'Inverno di Jon Fosse

di Enrico Piergiacomi

Inverno
di
Jon Fosse
con Alessio Dalla Costa e Giulio Federico Ianni
regia di Giuseppe Amato
produzione Emit Flesti
in collaborazione con ariaTeatro

Visto al Teatro di Meano, venerdì 12 maggio 2017

 

La nuova produzione di Emit Flesti è un adattamento della drammaturgia Inverno dello scrittore norvegese Jon Fosse, che torna a parlare di «educazione sentimentale». Precedentemente, infatti, la compagnia aveva esplorato questo tema con il lavoro Eiszeit. Inverno in famiglia. Il fulcro di entrambi i lavori resta sempre la metafora dell’inverno, che indica uno stato di sospensione e aridità dei sentimenti, che attendono un disgelo.

Tale “scongelamento” può assumere, tuttavia, diverse forme. Il sentimento liberato dalle costrizioni potrebbe portare tanto alla distruzione degli equilibri esistenti tra esseri umani, quanto alla generazione di una nuova e più vitale relazione interpersonale. Il lato distruttivo era stato analizzato in Eiszeit, dove era rappresentata la dissoluzione violenta di una famiglia i cui membri avevano accumulato e nascosto dei profondi rancori. Un’idea non del tutto originale, visto che era stata già esplorata, per esempio, dal Riccardo III di Shakespeare. Quando l’omonimo protagonista del dramma si scioglie dal «winter of our discontent», egli non trattiene più le sue pulsioni distruttrici, portando così morte e disperazione nel suo percorso. Invece, l’adattamento di Inverno di Fosse evidenzia l’aspetto costruttivo del disgelo.

Questa direzione ottimistica dipende senz’altro in gran parte dal testo di Fosse, che gli attori Alessio Dalla Costa e Giulio Federico Ianni – diretti dalla regia di Giuseppe Amato – restituiscono per lo più fedelmente. Essi non cambiano il contenuto della drammaturgia, che narra di un incontro tra un uomo e una donna infelici, che lasciandosi andare all’amore reciproco ritrovano la gioia di vivere che si erano finora negati. Da un punto di vista tecnico, l’adesione al testo che descrive un moto dalla disperazione alla felicità comporta un analogo andamento nella recitazione e nell’ambientazione. Se infatti queste risultano dapprima molto asciutte e grigie, a poco a poco diventano sempre più briose, sciolte e colorate, fino a culminare nel finale in un gioco di luci sfavillanti, generato da un grande specchio mobile posto in fondo allo spazio scenico.

L’ottimismo del processo di disgelo dei sentimenti dei due personaggi emerge, tuttavia, soprattutto nei due punti in cui la compagnia si distanzia dal testo. Il primo è l’uso della musica, che è del tutto assente nella drammaturgia di Fosse (non si trovano al suo interno, infatti, alcune indicazioni in tal senso) e che la regia di Amato usa massicciamente, in particolare nei momenti in cui cade il silenzio tra i due personaggi. Il secondo elemento di presa di distanza dal testo è la trasformazione della figura della donna, che nell’originale drammaturgico è identificata con una prostituta, mentre nella riscrittura di Emit Flesti con un transessuale. Questo piccolo ma importante mutamento sottolinea come il disgelo dei sentimenti possa attuarsi anche nelle figure ingiustamente reiette e disprezzate della società, o anche in una relazione omosessuale e non solo in quelle eterosessuali, calcando ancora di più sulla dimensione ottimistica già presente nel testo di Fosse.

Lo spettatore che osserva tutto questo ritrova la speranza di una vita sentimentale migliore e appagata. Inverno mostra come il sentimento può sgelarsi in tutti e in qualsiasi momento, addirittura in virtù del caso.