La poesia della giustizia. Omaggio a Chiara Benedetti

di Enrico Piergiacomi

Tempo orfano
di e con Chiara Benedetti
una produzione ariaTeatro
con la collaborazione di Medici con l'Africa Cuamm
musiche Luca Vianini
luci Federica Rigon
aiuto regia Marisa Grimaldo
organizzazione Cristina Pagliaro
produzione ariaTeatro

Visto al Teatro Portland di Trento, 10 marzo 2017

 

Non c’è nulla di retorico e affettato nello spettacolo Tempo orfano di Chiara Benedetti. L’artista affronta il tema della migrazione, ossia del dramma di uomini e donne che fuggono dal loro paese per cercare fortuna in Italia, da una prospettiva sia molto delicata e “inattuale”. Con questo secondo aggettivo, intendo connotare la qualità del suo sguardo, che ha la virtù di riflettere sull’esperienza estrema dei migranti, orfani di patria, senza cadere in facili pietismi, enfatiche denunce, vuote indignazioni.

Tempo orfano propone un’associazione inusuale nel panorama della ricerca umanitaria sulla giustizia verso i migranti. Generalmente, si argomenta che è giusto cercare di risolvere il problema della migrazione appellandosi a parole chiave come “integrazione” o “multiculturalismo”, che hanno in comune il fatto di porre l’accento su come il fenomeno migratorio può avere tornaconti sociali notevoli per lo stesso paese di accoglienza. Invece, Chiara Benedetti associa la giustizia a un concetto raramente invocato: quello della poesia. Essere giusti verso i migranti è per lei un atto bello e poetico, dunque in sé gratificante, disinteressato e piacevole. Poiché la bellezza e la poesia hanno tali caratteristiche, essendo amate per puro e genuino sentimento.

La rappresentazione di Tempo orfano suggerisce quanto ho sintetizzato con dei piccoli quadri poetici, che hanno quale filo conduttore la storia di un poeta (di cui non faccio il nome, per rispetto e discrezione) che emigra dalla sua patria, incontrando durante la sua fuga certo brutalità e violenza, ma anche umanità, comprensione e amicizia. Chiara Benedetti interpreta l’uomo in uno spazio scenografico interamente vuoto e attraverso una recitazione intima, che restituisce gli attimi di bellezza delle situazioni e delle persone con cui il protagonista entra in relazione. Per fare un singolo esempio, il quadro in cui il poeta migrante è rappresentato mentre fa da badante per un anziano mette volutamente l’accento sulla bellezza della relazione di cura, piuttosto che sugli aspetti tristi e tragici della circostanza.

Non si intende con ciò negare che nello spettacolo manchi la componente militante e civile. Al contrario, Chiara Benedetti insiste molto su questo versante, inframezzando i suoi quadri poetici con momenti in cui l’artista, leggio alla mano, fornisce dati sulla migrazione e ricostruisce le cause dei moti migratori, spesso innescate dalla mala politica internazionale. Inoltre, nel raccontare la storia del poeta migrante, attinge alle interviste da lei fatte a quest’uomo, dunque de facto riferisce una storia realmente accaduta. Questa è tuttavia la parte meno originale e viva del lavoro, che potrebbe benissimo essere divulgata facendo a meno del teatro e usando, anzi, mezzi di comunicazione ben più efficaci o capaci di raggiungere in modo chiaro un vasto pubblico, come il giornalismo d’inchiesta. Lo specifico di Tempo orfano è semmai quello di trasfigurare in poesia questo materiale di informazione. Lo spettacolo non fa così semplicemente politica, bensì una “poesia politica”, o una “politica poetica”.

Il messaggio chiave dello spettacolo è allora, per riassumere, che bisogna amare la giustizia così come si ama la poesia: in modo gratuito e anche contro il proprio tornaconto, nella consapevolezza che la sua ricerca fa stare meglio coloro con cui essa entra in contatto. Il migrante risulta così essere, più che un’anima sfortunata da salvare per dovere e interesse sociale, un portatore di bellezza, che va difesa per il puro fatto che la sua perdita imbruttirebbe o renderebbe più arido il nostro mondo in crescente decadenza.

Le parole di questa recensione non vogliono essere altro che un piccolo omaggio a un’artista che sta facendo molto e può fare ancora di più. Si augura dunque lunga vita al suo nobile e sereno percorso artistico.