Primo Tempo

Scarica la copertina in formato .pdfDirettori: Felice Gonella, Giacomo Debenedetti
Anno primo: 1922
Mese primo: maggio
Anno ultimo: 1923
Mese ultimo: ottobre
Periodicità: varia
N. fascicoli: 7

 

 

Scheda a cura di Francesca Rocchetti

«Primo tempo», ‘rivista letteraria mensile’, viene fondata a Torino nel maggio 1922 da Giacomo Debenedetti assieme a Mario Gromo, Emanuele F. Sacerdote e Sergio Solmi; inizialmente viene stampata presso l’Officina tipografica di C. Valentino e C. di Via Carlo Alberto, 7; redazione e amministrazione sono in Corso San Maurizio 36. Il responsabile della rivista è Felice Gonella e il consiglio di redazione è formato da Giacomo Debenedetti (che diverrà direttore di «Primo Tempo» a partire dal n. 7/8), Mario Gromo, Emanuele F. Sacerdote, Sergio Solmi (i nomi dei tre redattori non appaiono più nei nn. 7/8 e 9/10).

Sebbene il programma iniziale prevedesse una serie di dodici fascicoli, la raccolta completa della rivista consta di sette fascicoli: quattro numeri semplici (1, 2, 3, 6) e tre doppi (4/5, 7/8, 9/10), con la seguente periodicità: n. 1, 15 maggio 1922; 2, 15 giugno 1922; 3, 15 luglio 1922; 4/5, agosto/settembre 1922; 6, 15 ottobre 1922; 7/8, 9/10, senza data (ma 1923). Gli ultimi due numeri vengono stampati dalla Tipografia Sociale di Pinerolo.

«Primo tempo» chiude le pubblicazioni con il n. 9/10 del 1923; un articolo di Giacomo Debenedetti, Ripresa, rimasto inedito e pubblicato da Franco Contorbia nella ristampa della rivista (Milano, Celuc, 1972, pp. 383-385), annunciava un nuovo fascicolo della prima serie che non fu mai pubblicato.

Debenedetti, allora poco più che ventenne, si è formato culturalmente in quello stesso ambiente torinese la cui tradizione illuministica, intessuta di rigore morale e di passione politica, ha prodotto intellettuali del calibro di Antonio Gramsci e Piero Gobetti. Non a caso, quindi, «Primo Tempo» si colloca, sia per la sua azione culturale sia in senso puramente cronologico, accanto ad esperienze come quelle di «Energie Nuove» (1918-1920) e di «Rivoluzione Liberale» (1922-1925), con un forte richiamo all’impegno etico degli intellettuali che riesce ad aggregare, nella sua pur breve esistenza, un gruppo di giovani (da Guglielmo Alberti e Filippo Burzio a Mario Fubini, Umberto Morra, Natalino Sapegno fino a Leone Ginzburg, per citarne solo alcuni) di quella scuola torinese che confluirà nel «Baretti» (1924-1928), di cui «Primo Tempo» costituisce, in qualche modo, una sorta di prova generale.

Nella temperie del primo dopoguerra, in un clima di sostanziale “ritorno all’ordine”, la rivista di Debenedetti si presenta col proposito di «trattare questioni riguardanti la letteratura e l’arte contemporanea con unità d’indirizzi e vivezza di intendimenti», come si legge nel foglio pubblicitario inserito nel primo fascicolo. Un programma, quindi, di apertura ad ampie problematiche, sottolineato dalla disponibilità della redazione ad accogliere i collaboratori più vari e ad arricchire man mano la schiera di coloro che si avvicinavano al periodico per esprimere liberamente le proprie idee.

In tal senso l’articolo di apertura di Debenedetti, Constatazioni (una sorta di lungo saggio sulla letteratura contemporanea, che ha anche valore programmatico), promuove un esame pacato ma rigoroso dello stato attuale delle lettere e fa i conti con due importanti questioni che sono alla base delle problematiche letterarie del momento: l’influenza del pensiero critico di Benedetto Croce e le conseguenze della prima guerra mondiale. Debenedetti inaugura così un metodo di lavoro critico che tende a intrecciare fortemente la lettura formale con i motivi storico-culturali che sottendono la genesi dell’opera letteraria.

La lezione di Croce non poteva certo essere ignorata e ne sono debitori in vario modo tanti collaboratori di «Primo Tempo», nonostante i loro scritti rivelino come ognuno di essi, a suo modo, fosse alla ricerca di un discorso critico personale e autonomo. Debenedetti (che poi tornerà a parlare dello stile di Benedetto Croce in uno dei numeri successivi) individua la principale valenza del metodo crociano in primo luogo nel richiamo alla «razionalità» del corso degli eventi, in opposizione alle tendenze irrazionalistiche di varia matrice che hanno animato la vita culturale del primo Novecento e che sono state la causa dello stato di crisi attuale; e, in secondo luogo, come argine a quella «disperata e innamorata rinunzia alla storicità per eccesso di valutazione dell’episodio» che è seguita al conflitto mondiale e che deriva, in ultima analisi, dal dissolversi di tutto un sistema culturale e sociale. Ma nel lavoro critico di Debenedetti su «Primo Tempo» sono già chiari, sia pure spesso in modo implicito, gli orientamenti che lo porteranno a sviluppare un suo metodo di lettura, certo tra i più originali e penetranti del Novecento. In particolare risalta già l’attenzione alle implicazioni psicologiche del fare artistico e una capacità di addentrarsi analiticamente negli aspetti più reconditi della genesi dell’opera (si veda, ad esempio, il suo scritto su Michelstaedter).
 
A ciò si accompagna una sensibilità aperta alle esperienze letterarie straniere (contro la preclusione crociana) che, se sarà più evidente nel Debenedetti della maturità, già si forma in questo clima culturale e deriva, per tutto il gruppo raccolto attorno alla rivista, dalla naturale disposizione della cultura torinese verso le vicende d’oltre confine e della Francia per ovvie ragioni geografiche (di letterature straniere si occupano soprattutto G. Alberti e G.V. Amoretti). In ciò «Primo Tempo» riprende la grande lezione delle riviste fiorentine, in particolare della «Voce» (la cui presenza traspare dai due saggi che lo stesso Debenedetti dedica ai “moralisti” Michelstaedter e Boine) e della «Ronda» di cui ospita alcune illustri firme come Cecchi e Burzio e alla quale è anche dedicato un articolo di Natalino Sapegno.

Ma l’esempio del frammentismo e della prosa d’arte (in cui lo stesso Debenedetti si cimenta con il brano Giardino zoologico) sono superati dall’apertura con cui la rivista dà spazio alle voci più significative della nuova poesia (qui l’accantonamento dei modelli, da Carducci a Pascoli e D’Annunzio, si fa evidente); da Montale (che poi, non a caso, pubblicherà la sua prima raccolta Ossi di seppia nelle edizioni del «Baretti») a Ungaretti e, soprattutto, a Saba. Di quest’ultimo bisogna dire che costituisce la vera scoperta di «Primo Tempo». Accolto fin dal primo numero su suggerimento di Solmi con la pubblicazione di una Canzonetta, Saba vi pubblicò poi Preludi e Canzonette, l’Autobiografia e i Prigioni. Ma soprattutto attirò l’attenzione di Debenedetti che dedicò al Canzoniere uno dei primi, importanti contributi critici in cui si evidenzia la sua vocazione psicanalitica e l’attenzione alla genesi autobiografica e alla componente etnico-culturale della poesia di Saba.

Dopo una interruzione che si riteneva temporanea, la rivista avrebbe dovuto riprendere le pubblicazioni con dei numeri tematici e un programma preciso riguardante la critica, il teatro contemporaneo e la letteratura francese moderna. Programma che, invece, confluirà, con una maggiore apertura europeistica, nel «Baretti» di Piero Gobetti, fondato nel 1924 e destinato a raccogliere, come s’è detto, buona parte dei collaboratori di «Primo Tempo», i quali vi continueranno la loro battaglia in nome di una cultura illuminista, che si colorerà di connotati politici come segno di resistenza all’avanzata del regime di Mussolini.

 

 

bibliografia

  • Borghesi A., L'identità ostinata. Da «Primo tempo» alla Commemorazione di Francesco De Sanctis, in La lotta con l'angelo, Venezia, Marsilio, 1989, pp.27-62
  • Borghesi A., All'insegna delle riviste, «Nuovi Argomenti», n.s. dedicato a Giacomo Debenedetti e il secolo della critica, s.V, n.15 (luglio-settembre 2001), pp. 217-240
  • Cecconi E., Primo Tempo, in Ghidetti E. - Luti G. (a cura di), Dizionario critico della letteratura italiana del Novecento, Roma, Editori Riuniti, 1997, pp. 676-677
  • Contorbia F., La lezione «impossibile» di «Primo tempo», in «Primo tempo» 1922-1923 (ristampa), Milano, Celuc, 1972
  • Langella G., Tempo di lanci e di bilanci, «Poesia», a.XVI, n.174 (lug./ago. 2003), pp.59-61 
  • Mattesini F., La critica letteraria di Giacomo Debenedetti, Milano, Vita e Pensiero, 1969