Altri termini

Direttore: Franco Cavallo
Luogo: Napoli
Anno primo: 1972
Mese primo: maggio
Anno ultimo: 1991
Mese ultimo: settembre-dicembre
Periodicità: quadrimestrale; varia
Fascicoli: 19 (quattro serie)

 

 

Si ringraziano Mariella Cavallo, Matteo D'Ambrosio e Maurizio Spatola per la preziosa collaborazione al progetto e il prestito dei fascicoli di «Altri termini»

Un ringraziamento inoltre alla Biblioteca di Area Umanistica di Siena e al direttore Luca Lenzini per le riproduzioni del numero 6 (1974) e del numero 1 (1983)

 

Scheda, indici e immagini a cura di Claudia Crocco

«Altri termini» viene fondata a Napoli nel 1972 da Franco Cavallo, che rimarrà direttore per tutta la vita della rivista. La redazione, invece, cambia varie volte nel corso del tempo.

 In venti anni si susseguono quattro serie, i cui fascicoli escono con periodicità irregolare. La prima  esordisce con un articolo di Franco Cavallo intitolato Spazio, dove si legge: «Non rientra nei fini di questa rivista perseguire obiettivi di “coerenza”. La “coerenza” non è di questo mondo, né – tantomeno – di questa epoca». È un incipit emblematico, che anticipa una delle caratteristiche principali della rivista. «Altri termini», infatti, non ha avuto una linea poetica evidente, ed è cambiata molto negli anni. Sempre nel primo articolo di Cavallo, si legge: 

Qual’è dunque la ragione che ci spinge a fare insieme una rivista? Nient’altro che questa: il tentativo di far convergere le nostre (monche e, speriamo, non  definitive) divergenze verso un unico obiettivo […] che consiste in ciò: nell’elaborazione di uno spazio possibilmente alternativo rispetto a quello esistente […]; e convinti altresì che nessuna rivoluzione […] sarà mai possibile, sia in senso sociale sia in senso spirituale, fino a quando nel mondo (di cui la cultura costituisce l’espressione più evidente) regneranno la divisione e il sospetto, l’arbitrio fine a se stesso e l’inganno dei facili progressismi.

Più che divergenze, la prima serie della rivista registra una pluralità di poetiche e di interessi: vengono pubblicati saggi su autori già entrati nel canone (Gozzano, Ungaretti), traduzioni (dai poeti dell’avanguardia polacca sul n. 3 a Paul Celan sul n.6), studi su Balestrini e sulla Neoavanguardia (Lambiate ed Esposito nel numero 3), ma anche gli articoli di Giuseppe Conte, che recupera la componente mitica e quasi regressiva della letteratura (si veda, ad esempio, Epater l’artiste nel numero 4-5, 1974). Nell’editoriale di Cavallo al terzo numero, Applicando il concetto di violenza, la poetica di Conte è presentata in contrapposizione allo storicismo di Esposito (il quale pubblicherà svariati articoli di impostazione hegelo-marxista): sono due posizioni molto diverse, secondo Cavallo, ma entrambe si distaccano dallo Zeitgeist dominante ed esprimono una «contraddizione». Questa contraddizione rispecchia molto bene il dibattito degli anni Settanta: mentre si continuano a discutere l’ideologia, la proposta di impegno politico e le soluzioni formali della neoavanguardia, alcuni degli autori che hanno fra i venti e i trent’anni scrivono in reazione ad esse. Ciò che tiene insieme gran parte degli articoli pubblicati su «Altri termini» è che tutti, se pure in modi diversi, cercano di rispondere alla domanda «Ha ancora una funzione il poeta, nel mondo contemporaneo? Se sì, quale?».

A partire dal numero 6 cambia il formato e compare la scritta “nuova serie” in basso a sinistra sulla copertina: è questa la seconda serie di «Altri termini», con la quale Giuseppe Conte entra in redazione. Continuano ad alternarsi articoli di critica letteraria (ad esempio quelli di Bàrberi Squarotti) ad altri più militanti o provocatori, come Una poetica patetica di Viviani o Scrittura bianca, scrittura celeste di Cordelli (entrambi sul n. 9-10, 1976). Grazie alla mediazione di Conte, viene accolto anche Milo De Angelis, che pubblica due saggi (La gioia di Hegel, n. 9-10; Il problema e i limiti della critica letteraria ‘suggestiva’, n. 10-11) e due poesie (n. 6). Le poesie di De Angelis fanno parte della sezione antologica, curata da Cavallo, che accoglie molte voci di questi anni: oltre a Cordelli, Viviani e De Angelis, anche Vitiello, Doplicher, Bettarini, Risset, Cagnone, Kemeny, Baudino, Sanesi, Porta.

All’inizio dell’ultimo numero della seconda serie (12-13) si legge che «Prossimamente Altri termini dedicherà un fascicolo doppio alla poesia degli anni Settanta». Siamo nel 1977, e questo è l’ultimo numero della seconda serie; il fascicolo successivo arriverà solo sei anni dopo.

La terza serie di «Altri termini» esce negli anni Ottanta: il primo numero è di  giugno-settembre 1983. Qui non viene indicata la composizione della redazione; all’inizio e alla fine compaiono solo i nomi degli autori, corredati di una breve nota biografica. L’editoriale non è firmato, ma si intuisce la scrittura di Cavallo: ancora una volta viene rivendicata la diversità del progetto di «Altri termini» rispetto al conformismo e all’appiattimento generale del mondo culturale coevo. Anche se le ambizioni sono minori («Provocheremo un “sollevamento geologico?” Probabilmente no […] Non siamo più impazienti; lo eravamo quindici anni fa»), rimane l’intenzione di creare una rete di rapporti e scambi culturali, nonché di «attivare energie nascoste». Il secondo numero, dove compare per la prima volta l’indicazione «terza serie», esce solo due anni dopo (giugno-settembre 1985). In questo caso viene fatta una distinzione fra comitato di redazione e comitato di direzione; a parte Cavallo e Perrotta, ci sono nomi molto diversi rispetto alle  precedenti. Ma il numero di svolta è il successivo (3-4-5, ottobre 1985-settembre 1986), nel quale compaiono per la prima volta i futuri membri di «Baldus»: Voce, Baino, Cepollaro entrano a far parte della redazione. «Altri termini» registra il dibattito sulla possibilità di una nuova avanguardia: nel numero 6-7-8 (ottobre 1986- settembre 1987 ) l’editoriale di Cavallo prende spunto dal convegno di Viareggio organizzato da «Alfabeta» e dalle Tesi di Lecce, di poco successive. Seguono gli interventi di Baino, Cepollaro e Voce; quindi una inchiesta su sperimentazione e poesia nella poesia contemporanea, alla quale rispondono moltissimi autori, di generazioni diverse: da Giulia Niccolai a Gianni Toti, da Tommaso Ottonieri a Mario Lunetta.

La quarta serie inizia con il numero di settembre-dicembre 1990. La redazione cambia del tutto (Cavallo, Fontana, Lucrezi, Paniccia, Sproccati, Xerra); scompaiono i membri del Gruppo 93. Degli ultimi quattro numeri si ricorda il n. 3 (maggio-agosto 1991): è un omaggio a Corrado Costa, a pochi mesi dalla sua morte, con testi di Costa stesso e testimonianze di Scialoja, Niccolai e molti altri.