Futurismo – Artecrazia

Direttori: Mino SomenziScarica la copertina in formato .pdf
Anno primo: 1932
Mese primo: maggio
Anno ultimo: 1934
Mese ultimo: giugno
Periodicità: varia
N. fascicoli: 63

 

In collaborazione con il MART, Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto

Scheda e indici a cura di Francesca Rocchetti

Il periodico «Futurismo» vede la luce per la prima volta a Roma in data 15-30 maggio 1932, nonostante una carta intestata per «Futurismo. Libro-giornale dell’Artecrazia italiana» fosse già pronta nel novembre del 1931. Artefice di questa innovativa iniziativa editoriale è Mino (Stanislao) Somenzi (1899-1948), entrato in contatto con il movimento futurista già nel 1913. La rivista uscirà fino al n. 59 del 26 novembre 1933; da questa data in poi la sua vicenda editoriale sarà piuttosto complessa: il periodico si chiamerà «Sant’Elia» (1933-1934), mentre «Futurismo» ricomparirà come titolo di una sezione nelle ultime pagine di questa rinnovata testata a partire dal n. 3; proseguirà in questa forma fino al n. 69 (15 giungo 1934).

I primi tre numeri contengono il supplemento «Artecrazia» che ripropone quasi esclusivamente manifesti futuristi: il primo (15-30 maggio 1932) contiene il manifesto di fondazione del futurismo del 1909 e il manifesto dell’architettura futurista di Antonio Sant’Elia; il secondo (15-30 giugno 1932) propone il manifesto di Prampolini L’atmosfera scenica futurista e un articolo sull’architettura di Quirino De Giorgio; il terzo (15-30 luglio 1932) è dedicato all’aeropittura.

Inizialmente la periodicità è quindicinale, il formato è di cm 50x32, direzione e amministrazione sono in via Calamatta 16 a Roma, ogni numero è costituito da 12 pagine e il prezzo ammonta a Lire 1; dal n. 4 del 2 ottobre 1932 il formato aumenta notevolmente (cm 63x43) e la rivista uscirà ogni sette giorni con il sottotitolo ‘Settimanale dell’artecrazia italiana’. Dal n. 15 (18 dicembre 1932) al n. 26 (5 marzo 1933) il sottotitolo diviene ‘Settimanale del futurismo italiano e mondiale’; dal n. 43/44 (9 luglio 1933) la rivista riacquista periodicità quindicinale.

Il giornale diretto da Somenzi, molto curato da un punto di vista grafico, è ampiamente pubblicizzato su tutto il suolo nazionale, recensito favorevolmente e accolto con entusiasmo da autorevoli rappresentanti del regime fascista. Nelle sue pagine trovano spazio numerosi artisti e gruppi anche meno noti. Costituisce inoltre una preziosa testimonianza dei contatti stretti da Marinetti con i paesi stranieri, dalla Grecia alla Polonia.

Fin dall’inizio Somenzi evidenzia la necessità di un’arte di stato e vede nel Futurismo la sua migliore espressione. È questo il tema di fondo che, assieme alla volontà di porsi come veicolo di una estetica globale, percorre e caratterizza l’intera rivista che si propone come principale organo del movimento di Marinetti teso al superamento, attraverso il riconoscimento di arte ufficiale del regime, di una posizione di sostanziale emarginazione. Come sottolinea Paola Pettenella nel Dizionario del Futurismo (Firenze, Vallecchi, 2001, p. 1095) «per essere appunto “di stato” il futurismo ha bisogno di appoggiarsi a una forte divulgazione, facendo leva sulla commistione di “arte e vita”, grazie alla quale la rivista dà spazio a ogni forma di comunicazione e disciplina, dall’architettura alla moda allo spettacolo, ecc.».

Il direttore della rivista afferma che, come la rivoluzione sovietica ha «capovolto l’indirizzo intellettuale e spirituale russo, così il fascismo italiano se vuole dominare assolutamente nel tempo deve marcare violentemente la propria impronta sul cammino universale dell’arte» e che «solo il futurismo italiano ha la forza di precisare letterariamente e artisticamente nella storia il grande fascismo vittorioso di Benito Mussolini» (Fascisti, siate futuristi in arte! La funzione politica dell’arte, n. 3, 15-30 luglio 1932).

«Futurismo» si propone anche di combattere il conformismo e i luoghi comuni, e per questo non esita ad attaccare l’ufficialità del regime e la cultura tradizionalista, assumendo spesso toni moralizzatori. Frequenti sono le denunce di atteggiamenti opportunistici, del permanere di troppi «borghesi e antiitaliani» in luoghi di potere, e del fatto che «troppi gerarchi», ottimi politici, «non sanno né possono comprendere il valore spirituale del movimento futurista» (M. Somenzi, Lettera aperta al Segretario Federale di Roma, n. 5, 9 ottobre 1932). Si afferma quindi la necessità di «moralizzare l’ambiente» contro il potere di «papaveri di ogni risma e colore […] per il trionfo artistico della nostra maggior vittoria futurista: il Fascismo di Mussolini» (M. Somenzi, Occorre lo scandalo per salvare l’Arte italiana dal “monopolio” di pochi accaparratori antifascisti e antipatrioti, n. 21, 29 gennaio 1933).

Date tali premesse ideologiche, la rivista sviluppa una serie variegata di temi che spaziano tra architettura, teatro, cinema, radio, moda, scienza, fotografia, musica, pedagogia e didattica, poesia, arte sacra, aeropittura, scenografia, cucina e pubblicità.

Numerose sono le rubriche tese a favorire, organizzare e documentare una capillare diffusione del Futurismo: fra queste vale la pena ricordare “Aeropostale futurista”, una piccola ma preziosa sezione che funge da punto di raccordo tra molti gruppi locali – a volte spontanei – di futuristi sparsi su tutto il suolo italiano; la curatrice è Bruna Pestagalli, moglie di Somenzi, che si firmerà con il nome di Brunas (un evidente parallelo dello pseudonimo scelto dal marito, Minos).

Le attività promosse dalla rivista sono rivolte anche alla diffusione del «futurfascismo», col quale si vuole dare identità futurista al processo di diffusione popolare della cultura messo in atto dal regime durante gli anni Trenta. Significativa in tal senso è la promozione dell’«autotreno del libro», iniziativa tesa a fornire libri fortemente scontati nelle province più remote d’Italia, e caso emblematico, benché disatteso, del desiderio di modificare la vita delle masse attraverso la diffusione della cultura.

Numerosi sono gli interventi sul cinema, curati prevalentemente da Arnaldo Ginna (pseudonimo di Arnaldo Ginanni Corradini) e ospitati nella rubrica di segnalazioni “Cinema teatro radio”. Quanto alla radiofonia, si lamenta lo scarso spazio riservato ai futuristi; vengono inoltre pubblicati il Manifesto della radia di Marinetti (ove «radia» è il nome che viene dato a opere essenzialmente radiofoniche, a un’arte cioè «che comincia dove cessano il teatro, il cinematografo e la narrazione») e Violetta e gli aeroplani, sintesi radiofonica scritta da Marinetti e apparsa sul n. 59 del 1933.

Anche per il teatro – di cui si riconoscono le forti valenze propagandiste – il giornale sostiene forme di diffusione popolare, come il concorso per il teatro sportivo lanciato da Somenzi e Marinetti nel 1932 e rivolto ad opere da rappresentarsi all’aperto. Oltre alla creazione del «teatro futurista per il popolo», decisa da Marinetti e Somenzi, si dibatte la questione del teatro nazionale. Anton Giulio Bragaglia, lamentando la situazione di vuoto creatasi con la chiusura del Teatro degli Indipendenti e riprendendo la proposta formulata da Silvio D’Amico dopo la riapprovazione del progetto di Teatro di Stato da parte della corporazione dello Spettacolo, si augura che questo sia affiancato da un teatro sperimentale (A. G. Bragaglia, Il prossimo teatro sperimentale di Stato, n. 11, 20 novembre 1932 e n. 12, 27 novembre 1932).

Il tema che maggiormente occupa le pagine di «Futurismo» è tuttavia l’architettura cui vengono riservati vari articoli e l’ultima pagina, intestata “Futurismo-Architettura” e sottotitolata ‘Ambientazione, arredamento e materiali da Costruzione’ (dal n. 11, 20 novembre 1932 al n. 26, 5 marzo 1933). Ad essa collaborano, fra gli altri, A. Sartoris, Fillia, G. Levi-Montalcini, B. La Padula, E. Silvestri, G. Pensabene. Nel 1933 numerosi articoli sono dedicati al dibattito sul concorso per la nuova stazione di Firenze: dopo aver dato spazio a opinioni discordanti, Somenzi conclude affermando  che, poiché il progetto iniziale dell’architetto Michelucci sarebbe irrealizzabile per «deficienze di pianta e di tecnica», è opportuno realizzare quello, secondo classificato, di Angiolo Mazzoni che «nell’interno è in perfettissimo stile futurista».

Attraverso la pubblicazione di lunghe liste di nomi e di opere, il periodico dà assoluto risalto alla Prima mostra nazionale d’arte futurista, che si svolge a Roma, presso piazza Adriana, a partire dal 28 ottobre 1933. Il 15 ottobre 1933 il giornale annuncia l’adesione di oltre 1000 artisti e segnala che l’esposizione, destinata a chiudere i battenti il 4 novembre, verrà invece filmata in un documentario dell’Istituto Luce il 30 dicembre 1933.

La rivista si occupa anche di moda, e nel 1933 lancia la «campagna futurista per il cappello italiano» con la pubblicazione del Manifesto futurista del cappello italiano (firmato da F.T. Marinetti, E. Monarchi, E. Prampolini, M. Somenzi) e del relativo bando di concorso (n. 26, 5 marzo 1933). Intento dichiarato – tra il ludico e il didascalico – è quello di ridare ossigeno a una importante industria nazionale; i cappelli potranno essere «solari, alpestri, aerosportivi, marini, sfarzosi (...) segnalatori, terapeutici, radiotelefonici, plastici, pubblicitari, etc.» (Necessità di creare, sul cappello italiano, n. 27, 12 marzo 1933) oppure «antigas», come quello proposto da Balla. Sempre nel 1933 la rivista dedica ampio spazio alle celebrazioni in onore di Umberto Boccioni.

Diffusa è pure la presenza dei «nuovi poeti futuristi» che la rivista ospita spesso in una pagina così intitolata, che fornisce informazioni sulla loro attività poetica. Sono presenti anche pagine su aeropoesia, aeropittura, arte sacra. Non mancano articoli di carattere scientifico e tecnologico, funzionali al proposito di «Futurismo» di porsi quale tramite fra inventori e industriali, nonché scritti che tentano di coniugare arte e scienza, come Scienzarte di A. Ginna (n. 1, 1 gennaio 1933).

«Futurismo» cesserà le pubblicazioni il 15 giugno del 1934 e il suo direttore, due mesi più tardi, sulle pagine di «Sant’Elia», commenterà così la conclusione di questa sua avventura editoriale: «Nessuno deve lagnarsi né compiacersi se da questo giornale scompare la magnifica testata “Futurismo”. […] A questo punto, il più grande settimanale artistico del Fascismo che ha raggiunto fino dall’ottobre 1933-XI le settemila copie di tiratura, aveva esaurito il suo compito. […] Ho anche l’intima soddisfazione di poter dichiarare che l’enorme capitale speso […] è stato frutto esclusivo della mia disinteressata passione giacché è anche l’ora di affermare che io non ho mai avuto sussidi “ufficiali” o fissi da chicchessia (all’aiuto che mi hanno dato i futuristi dovrei dedicare un capitolo a parte) all’infuori del contributo concesso dal Sindacato Professionisti e Artisti in ragione di Lire 41 mensili […]. Superando quindi ogni ostacolo di carattere materiale come nel 1924, nel 1934, per merito mio, i futuristi da manipolo sono diventati legione. Questa è la più eloquente dimostrazione della strapotenza della nostra idea. Però ora come allora, è opportuno sostare per attendere che, nella atmosfera rianimata, i migliori propositi si trasformino in opere sorprendenti e originali» (M. Somenzi, Ai futuristi, n. 72, luglio 1934).

 

bibliografia

  • Baldazzi A. - Briganti A. - Delli Colli L. - Mariani G. (a cura di), Contributo a una bibliografia del futurismo letterario, Archivio italiano cooperativa scrittori, Roma, 1977
  • Godoli E. (a cura di), Il Dizionario del Futurismo, Firenze, Vallecchi, 2004
  • Salaris C., Artecrazia. L'avanguardia futurista negli anni del fascismo, La Nuova Italia, Firenze, 1992
  • Virgilio M., La politica culturale del movimento futurista negli anni trenta: il caso di Futurismo, Sant'Elia, Artecrazia, Settimo Sigillo-Europa Lib. Editore, Roma, 2007