Il Politecnico

Scarica la copertina in formato .pdfDirettore: Elio Vittorini
Anno primo: 1945
Mese primo: settembre
Anno ultimo: 1947
Mese ultimo: dicembre
Periodicità: varia
N. fascicoli: 36

 

Scheda a cura di Francesca Rocchetti

Periodico di cultura fondato a Milano da Elio Vittorini, svolse la sua attività in un arco di tempo che va dal settembre 1945 al dicembre del 1947, articolandosi in due distinte serie con diversa periodicità. Il primo numero uscì il 29 settembre 1945 con il sottotitolo di ‘Settimanale di cultura contemporanea’. Era diretto da Vittorini per la Casa Editrice Einaudi e mantenne la periodicità settimanale fino al n. 28 del 6 aprile 1946.

Il periodico, con sede a Milano in viale Tunisia n. 29, era un foglio murale distribuito attraverso le edicole e, in parte minore, attraverso gli abbonamenti; il prezzo, di Lire 12 (eccezion fatta per i numeri doppi 6 e 13 che costavano Lire 20) salirà a Lire 15 con il numero 19. L’aspetto grafico era curato da Abe Steiner. L’apparenza dimessa del giornale cela in realtà una cura estrema dei particolari tipografici, a cominciare dalla testata, dove troviamo la negativizzazione della scritta in campo rosso, dilatata dall’apertura verso l’alto «che rende l’immagine indeterminata». I testi sono corredati da foto o disegni accompagnati da didascalie accuratamente scelte.

Della redazione del settimanale non troviamo notizia sul «Politecnico», ma Fortini, Forti e Pautasso nell’Antologia della rivista ci informano che ne facevano parte lo stesso Franco Fortini, Vito Pandolfi, Abe Steiner e Stefano Terra. Parte del materiale redazionale era anonimo, parte invece recava la firma di Vittorini. I collaboratori più assidui risultano essere stati: Franco Calamandrei, Giansiro Ferrata, Franco Fortini, Vito Pandolfi, Giulio Preti, Paolo Succi, Stefano Terra, Marco Cesarini, Felice balbo, Pietro Zveteremich, Remo Cantoni, Franco Rodano, Arturo Carlo Jemolo, Mario Levi. Molti sono gli interventi di autori stranieri, tra cui Otto Bauer, Charlie Chaplin, Walt Disney, Paul Eluard, Jean Rostand, Jean Paul Sartre.

Ai possibili autori di articoli, spesso giovani privi di fama, Vittorini invia gratuitamente, a scopo pubblicitario, il primo numero della rivista. Nel secondo numero del periodico Vittorini invita esplicitamente i suoi lettori a «redigere una rivista» e perciò propone loro di contribuire alla stesura di un bollettino mensile, che doveva riunire gli articoli migliori dei quattro settimanali precedenti. Sullo stesso numero è presente una sorta di secondo editoriale «in scrittura minore» in cui si precisa la volontà di occuparsi di problemi attuali soddisfacendo nel contempo gli interessi di tutti i lettori, indipendentemente dal loro orientamento politico.

Gli argomenti affrontati dal «Politecnico» sono molteplici: la grande industria e il mondo del lavoro; la Chiesa vista come istituto storico e politico; le realtà regionali italiane; il mondo della scuola e dei giovani, sui quali, secondo Vittorini, occorre agire per creare una coscienza democratica e per migliorare la società; la questione femminile; la politica, che si vuole trattare in modo storico e tecnico; le realtà storico-politico-culturali dei paesi stranieri; le diverse espressioni artistiche (cinema, teatro, danza, musica, disegno, pittura, pubblicità, architettura, scultura); la scienza e la filosofia.

L’ultimo numero del «Politecnico» settimanale sarà il 28. Col n. 29, datato 1° maggio 1946, diverrà infatti mensile e si tratterà di un periodico generalmente di 48 pagine illustrate, a Lire 50, di grandezza pari a un quarto della serie precedente. I fascicoli successivi non sempre rispetteranno tale periodicità. Saranno soprattutto gli abbonamenti, incentivati per eliminare i costi della distribuzione, ad assicurare la sua esistenza. La redazione, che si trovava a Milano in via Filodrammatici n. 5, col numero 34 tornerà in viale Tunisia. Vittorini rimane direttore, ma non esiste più una redazione vera e propria; egli si avvale del consiglio di chi faceva parte della redazione precedente, come ad esempio Fortini, ma in modo informale; sarà Vittorini a decidere tutto e su di lui ricadrà ogni responsabilità.

Gli interventi del mensile sono quasi tutti firmati. Accanto al nome del direttore spiccano quelli di Giansiro Ferrata, Tommaso Giglio, Franco Fortini, Vito Pandolfi, Giulio Preti, Michele Rago. Giuseppe Trevisani succede ad Abe Steiner nella cura della grafica, portandone a termine il progetto. La caratteristica saliente del mensile sta nella forma conclusa di ogni servizio, che appare come un blocco unitario, a sé stante e privo di seguito. Il lavoro redazionale e d’equipe che aveva caratterizzato il settimanale viene meno, e forma e collocazione dei testi cambiano: alla discussione viene riservata una posizione marginale all’interno della corrispondenza con i lettori. Gli interventi, inoltre, diventano sempre più colti e accessibili, quindi, ad una ristretta cerchia di intellettuali. All’attualità è riservato uno spazio estremamente esiguo, tale da confinarla nella cronaca, mentre agli argomenti di critica letteraria, filosofia, arte, psicanalisi è dedicata un’attenzione decisamente maggiore. Viene mantenuta la problematica sui rapporti tra politica e cultura, che si fa ora più aspra (anche per la sempre maggiore indipendenza che la rivista viene mostrando nei confronti delle posizioni ideologiche del Partito Comunista) e adotta un linguaggio più tecnico.

Uno scambio di lettere, formalmente pacate ma nella sostanza profondamente polemiche, tra Vittorini e Togliatti, segna simbolicamente la fine del Politecnico, anche se le pubblicazioni continueranno fino al dicembre del 1947. Le cause della fine del periodico vanno comunque ricercate, ben oltre la nota polemica, in ragioni assai complesse, non ultima la difficoltà di Vittorini e degli altri ad adeguare i mezzi di espressione e di linguaggio alla vastità del compito che si erano proposti. Pur nelle difficoltà e negli equivoci in cui spesso venne a trovarsi, la rivista condusse un’importante battaglia culturale, impegnandosi su tutti i fronti della realtà contemporanea, pubblicando importanti documenti letterari e politici (traduzioni da Hemingway, Wright, Michaux, Pasternak, Brecht, ecc.) insieme a voci sino ad allora inedite in Italia (le prime lettere dal carcere di Gramsci, le prime traduzioni di Lukàcs, i contributi di Sartre e di Simone De Beauvoir).

 

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