Il teatro umano e animale di Pascal Rambert

Il teatro umano e animale di Pascal Rambertdi Enrico Piergiacomi

Visto al Teatro delle Moline di Bologna

L'arte del teatro
testo e regia Pascal Rambert
con Paolo Musio
Foto di Luca Del Pia

Emilia Romagna Teatro Fondazione, Triennale Teatro dell'Arte, Fondazione Teatro Metastasio

È il teatro un’esperienza esclusivamente umana, ovvero un’arte che reca beneficio solo a donne o uomini ed è praticabile solo da loro? Oppure è qualcosa di più inclusivo, che anche animali e piante potrebbero ricercare? Pascal Rambert sembra propendere per la seconda ipotesi, almeno grazie al suo spettacolo L’arte del teatro, di recente messo in scena nella limpida e perfetta versione di Paolo Musio.

La circostanza drammatica è molto semplice ed efficace. Un attore pronuncia di fronte al suo cane un lungo monologo, che racconta la sua vita dedicata interamente al teatro e rivela alcuni “segreti del mestiere”. Tra questi, ne spiccano soprattutto due:
   (1) Il teatro è l’arte di godere di ogni istante di tempo e di trattenere la bellezza. In questo senso, il suo analogo non è tanto lo sport, che ha a che fare con la competizione e il conflitto, bensì lo scorrere del sangue. Quando infatti un’attrice o un attore riesce a recitare assecondando il ritmo sanguigno, con il suo impeto potente e incessante, prova sensazioni di inaudito benessere e riesce a infonderle agli altri. E in questo divenire trova anche l’energia per salvare qualcosa di bello (un gesto, un’immagine, ecc.) dal senso di abbandono che avvinghia attori e spettatori al termine di ogni spettacolo;
   (2) Il teatro è un atto d’amore verso il mondo che trae forza non dal discorso, bensì dal silenzio o dal non-detto. Le parole che l'attore dice al suo cane sono così usate per raggiungere un effetto paradossale. Esse servono a creare intensi momenti di silenzio tra loro due, in cui si crea una relazione più profonda di quella che può creare qualunque parola. Una traduzione scenica di questa idea ha luogo nel momento dello spettacolo in cui l’attore danza con il suo cane, dopo averlo esortato a godere sempre.
Questo il fatto basilare e chiaro. Più controverso è invece capire perché l’attore rivela questo suo splendido sapere all’interno di un monologo pronunciato a un cane. Ancora una volta, si aprono due alternative. Forse si rivolge al cane perché non ha altri a cui parlare e a cui rivelare il suo sapere, dunque per rimediare alla sua solitudine. Se parla a un animale, in altre parole, è perché gli altri esseri umani lo hanno abbandonato. Oppure, lo fa per un’altra e più positiva ragione, che muta anche il senso dello spettacolo nel suo complesso. L’attore non sta rivelando il sapere maturato in anni di teatro al cane, bensì lo sta sintetizzando vedendolo “qui e ora” in azione nei gesti innocenti del suo animale, che è interamente presente e vivo sulla scena. Secondo questa interpretazione più ottimistica, il senso di solitudine non domina la scena. Al contrario, l'attore e il cane instaurano una forte relazione, perché contribuiscono entrambi a dimostrare i due “segreti” fondamentali dell’arte del teatro prima ricordati: l’uno attraverso la parola e l’enunciazione teorica, l’altro mediante il silenzio e la presenza fisica.
Entrambe le letture sono difendibili e trovano elementi a conferma sia nel testo di Rambert, sia nell’interpretazione di Paolo Musio, tanto che forse si può supporre che l’ambiguità è di per sé voluta. Quale che sia quella corretta, ne emerge in ogni caso un punto essenziale e importante. L’arte del teatro è un’arte che – secondo Pascal Rambert e Paolo Musio – esseri umani e animali cercano insieme, ciascuno portando la forza, la generosità e l’amore che sono loro propri.
Questo punto scardina la prospettiva antropocentrica a cui siamo abituati. Se per infondere intensità alla scena e alla vita abbiamo bisogno, infatti, tanto della parola che l'attore sa pronunciare con maestria e delicatezza, quanto della presenza innocente e silenziosa del cane, allora occorre sforzarsi a contenere in ogni spettacolo entrambe le direttive. Il teatro consisterebbe nell’arte di rompere il confine che separa l’umano e l’animale, portando i due mondi in una sintesi nuova e perfetta.