L'urlo del grillo secondo "Lenz", ovvero: Come cantare una catastrofe

Verdi Macbeth

Da Verdi e Shakespeare
Commissione speciale Festival Verdi 2018

Drammaturgia e imagoturgia | Francesco Pititto
Regia, installazione, costumi | Maria Federica Maestri
Rielaborazioni musicali ed esecuzione live electronics | Andrea Azzali

Cantanti | Roxana Herrera Diaz (soprano), Hyunwoo Cesare Kwon (baritono), Eugenio Maria Degiacomi (basso)
Interpreti | Sandra Soncini, Valentina Barbarini
Coro live | Coro Giovanile Ars Canto Giuseppe Verdi diretto da Eugenio Maria Degiacomi: Jacopo Jorge Antonaci | Sara Bertoli | Luca Cesare Devalier | Mattia Furlattini | Guido Larghi | Giovanni Pelosi | Alessandro Puglia
Coro in video | Coro del Teatro Regio di Parma
Maestro del coro | Martino Faggiani
Altro Maestro del coro | Massimo Fiocchi Malaspina
Soprani | Damiana Avogadro | Maria Letizia Bazzolo | Federica Bersellini | Livia Campanella | Lorena Campari | Alessia Cavalca | Sumika Kanazawa | Alessandra Maniccia | Felicity Murphy | Eleonora Pirondi | Maria Chiara Pizzoli | Lorelay Solis
Alti | Olga Kulicheva| EwaLusnia | Simona Mastropasqua | Marianna Petrecca | Gloria Petrini | Maria Vittoria Primavera | Donatella Riosa | Laura Rivolta | Deborah Salvagno
Tenori | Gianmarco Avellino | Lorenzo Baldini | Francesco Fontana | Giacomo Gandaglia | Marco Gaspari | Giovanni Gregnanin | Simone Lollobattista | Damiano Lombardo | Roberto Miani | Marco Angelo Müller | DongminShin | Fabio Tamagnini
Baritoni / Bassi | Daniele Cusari | Emanuele Dominioni | Maurizio Ferrarini | Enrico Gaudino | Matteo Mazzoli | Davide Ronzoni | Tiziano Rosati | Marcelo Schleier Sacco | Alfredo Stefanelli
Performer in video | Germano Baschieri, Mattia Sivieri, Ivan Fraschini, Daniele Benvenuti

Shooting fotografico | Fiorella Iacono
Cura | Elena Sorbi
Organizzazione | Ilaria Stocchi
Segretaria di produzione | Loredana Scianna
Ufficio stampa e comunicazione | Michele Pascarella
Cura Tecnica | Alice Scartapacchio, Lucia Manghi
Progetto acustico | Beppe Pelliciari
Media video | Stefano Cacciani
Assistente | Marco Cavellini

Produzione | LENZ FONDAZIONE
in collaborazione con:
Teatro Regio – Festival Verdi
Ausl Parma Dipartimento Assistenziale Integrato di Salute Mentale Dipendenze Patologiche e REMS

e con il sostegno di:
MiBAC – Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Regione Emilia-Romagna
Comune di Parma

nell’ambito di
Parma 2020 Capitale Italiana della Cultura
EnERgie Diffuse Emilia-Romagna
Anno europeo del patrimonio culturale 2018
XIV Giornata del Contemporaneo a cura di AMACI – Associazione Musei d’Arte Contemporanea Italiani

Visto a Parma presso Lenz Fondazione il 13/10/2018

di Enrico Piergiacomi

Vi sono otto occorrenze di “grillo” o cricket nelle 884.421 parole dell’opera di Shakespeare (https://www.opensourceshakespeare.org/stats/). Quella da cui Lenz Fondazione ha deciso di partire nell’elaborazione del lavoro Verdi Macbeth è senz’altro la più cupa e forse la più significativa del corpus shakespeariano. Normalmente, infatti, le altre opere di Shakespeare o fanno dei riferimenti generici al grillo, oppure parlano positivamente del suo canto (sing), che si distingue per la sua dolcezza, per la sua capacità di conciliare la quiete o il riposo dell’ascoltatore, per la sua allegria (cfr. qui Cymbeline, II 2, vv. 933-934;Henry IV Part I, II 4, l. 1079; MerryWives of Windsor, V 5, l. 2606; Pericles, III prologo, v. 1119). Il Macbeth rovescia questo uso comune, accennando all’urlo del grillo (cricket’scry, II 2, v. 666), che Lady Macbeth sente appena dopo l’omicidio di Banquo. La vicenda raccontata è talmente atroceda sovvertire le leggi della natura. Il grillo che normalmente canta dal piacere qui urla dal dolore, il che è indice di un misfatto che non potrà essere perdonato, né dimenticato.
Tale constatazione filologica permette di supporre, sul piano teorico, che il cuore del lavoro Verdi Macbeth di Lenz Fondazione consiste in una domanda fondamentale: come “urla” un grillo? O, in termini operativi, come si può rappresentare questo suono innaturale, senza far impazzire attori e spettatori? Ci sono infatti suoni che, se uditi, sono capaci di causare la morte e la follia – o almeno, così pare (in fondo, nessuno sa niente, tutti procediamo per approssimazione e congettura). Nel Medioevo si credeva che la mandragora strappata dalla terra gridasse e uccidesse sul colpo il suo ascoltatore. L’urlo del grillo ha forse effetti analoghi. Del resto, è a seguito di questo suono cheLady Macbeth perderà prima il sonno, poi il senno, infine la vita.
Posto allora che evocare l’urlo del grillo può essere non solo impossibile, ma addirittura pericoloso e controproducente, Lenz Fondazione sceglie la via più saggia e anche paradossale. Per comunicare l’urlo, bisogna tornare al canto. Verdi Macbeth è in fondo una fusione del Macbeth di Shakespeare con il Macbeth di Verdi – Piave, in cui la recitazione dei versi dell’originale shakespeariano è alternata a parti operistiche. Il lavoro è poi dominato sin dall’inizio dal “cri cri” di un numero imprecisato di grilli, alcuni vivi e alcuni morti, intrappolati in delle teche di vetro che creano un quadrato sulla scena: un basso continuo che accompagna l’azione e il “viaggio” di Lady Macbeth dalla cospirazione contro Banquo alla morte, dalla veglia all’insonnia, dalla salute alla follia. Non si può escludere, allora, che l’urlo del grillo che nell’originale di Shakespeare nasce e muore al v. 666 dell’atto II scena 2 continui in realtà ad echeggiare lungo tutta la vicenda. Ciò è almeno l’impressione che si ricava guardando (meglio: ascoltando) Verdi Macbeth, in cui il “cri cri” continua addirittura oltre la fine della vicenda, tanto che lo si sente ancora quando attori e cantanti abbandonano la maschera scenica per ricevere gli applausi.
Non bisogna certo esagerare con la proposta e dire che lo spettacolo di Lenz Fondazione è solo canto. Come in altri lavori della compagnia artistica, vi sono molti altri elementi che contribuiscono alla rappresentazione complessiva. Anzitutto, le “imagoteurgie” di Francesco Pititto che fanno corpo con la drammaturgia. Ma poi anche un coro di voci maschili travestite da donna, che simboleggiano l’azione delle streghe nel Macbeth, e l’odore dei grilli morti sulla scena. Si può tuttavia ricondurre anche le immagini e gli odori alla centralità del canto. Uno degli effetti psicologici più misteriosi della musica è il fatto che chi l’ascolta non si limita ad esercitare le orecchie. Un canto ascoltato dal vivo provoca anche visioni, associazioni mentali, persino odori, insomma delle reazioni sinestetiche che vanno oltre il semplice suono. (Si pensi alla lirica Corrispondenze di Baudelaire, in cui leespressioni quali “dolci come òboi” sono usate dal poeta per esprimere la rispondenza stretta tra canto, profumo, colore). Ora, non si può escludere appunto che Lenz Fondazione usi il canto come via regia per provocare reazioni acustiche, olfattive, percettive e legarle insieme in un’unità. Tutti i sensi devono contribuire a rappresentare la misteriosa e innaturale vicenda di Macbeth, di cui l’urlo del grillo ne è il sintomo più sinistro.La rappresentazione di uomini vestite da donna indica, ad esempio, il sovvertimento della distinzionedi natura più essenziale, ossia la coppia maschio-femmina. O ancora, l’odore dei grilli morti può specificare, ad esempio, che questo animale non urla semplicemente dal dolore: ben più eloquentemente, muore dal dolore e, per questo, urla.
The world is out of joint, diceva Amletonell’Amleto. Purtroppo, nel Macbeth manca l’eroe che possa ristabilire l’equilibrio. Non per questo, però, questo testo di Shakespeare va letto come un’opera solo cupa e disperata. La bellezza è amara, sosteneva Rimbaud, ma si può rovesciare positivamente la formula dicendo che l’amarezza è bella. L’urlo del grillo trasformato in canto da Lenz Fondazione ne costituisce una possibile conferma. Se questo animale potesse dunque parlare e giudicare il suo comportamento, forse direbbe a noi esseri umani:il canto che emetto sulla scia del piacere è forse più dolce, ma quello di dolore è più bello.