Scontro di paesaggi. "Milton" dell’Associazione Teatro Macondo

Milton
di Emilio Barone
Liberamente tratto da Una questione privata di Beppe Fenoglio

Regia Alessandra Chieli
Con Emilio Barone e Francesco Petti
Voce Fulvia Alessandra Chieli
Musiche originali Francesco Petti
Scene Domenico Latronico
Costumi Cunegonda
Fotografo Nino Russo

Visto all'interno della rassegna Spin Off dello Spin Time di Roma, il 26/04/2019

di Enrico Piergiacomi

«Le aveva sempre immaginate, quelle colline, come il naturale teatro del suo amore. E gli era invece toccato di farci l’ultima cosa immaginabile: la guerra». In queste parole, viene concentrato tutto il dramma di Milton, un partigiano di venti anni e protagonista del romanzo Una questione privata di Fenoglio. Il giovane vive, infatti, come scisso in due. Da un lato, Milton si trova col corpo a partecipare alla resistenza contro i Fascisti sulle colline torinesi. Dall’altro, egli corre sempre con l’immaginazione a rinvangare il suo passato amore per Fulvia: una giovane donna che aveva frequentato a lungo il ragazzo prima della guerra, forse senza riamarlo. Il ricordo di Milton verso di lei diventa però un giorno per lui un’ossessione. Tornando durante la resistenza alla villa di Fulvia, il giovane scopre da una vecchia domestica che la giovane donna è partita e che, forse, ebbe una relazione intima con Giorgio, amico di infanzia di Milton e a sua volta partigiano nella guerra in corso. Il dubbio del tradimento macera la mente del ragazzo, che decide allora di cercare Giorgio per farsi rivelare la verità. Una serie di sfortunate vicende impediranno però a Milton di incontrare da solo il suo ex-amico. Nel frattempo, il dubbio e l’ossessione si fanno sempre più forti, fino al punto da spingere Milton un’ultima volta alla villa di Fulvia presidiata ora dai Fascisti, dai quali scamperà quasi per miracolo fuggendo in un bosco limitrofo con una corsa pazza e sognante.
Lo spettacolo Milton dell’Associazione Teatro Macondo si ispira in modo dichiaro al romanzo di Fenoglio. Esso restituisce tutta la complessità della scissione del protagonista tra l’esperienza della guerra e l’ossessione della sua mente delirante per amore di Fulvia. Tutto il lavoro fa percepire allo spettatore lo scontro tra il paesaggio esteriore della guerra di resistenza, ossia il piano realistico, e il paesaggio interiore dell’immaginazione di Milton, vale a dire la dimensione poetica del ricordo.
Dapprincipio, realtà e immaginazione si trovano nettamente separate nello spettacolo. L’attore che interpreta Milton (Emilio Barone) si trova a dialogare davanti alla villa di Fulvia con il partigiano Ivan, interpretato da Francesco Petti che incarnerà anche molti altri personaggi della vicenda (il partigiano Leo, il soldato di Hombre, un ufficiale fascista). Il ricordo di Fulvia si affaccia poi attraverso la voce registrata di Alessandra Chieli, senza spezzare il paesaggio realistico in cui lo spettatore si trova immerso. Detto altrimenti, realtà e immaginazione si succedono in questo stadio in modo riconoscibile.
Non appena nella mente di Milton si insinua il dubbio del tradimento di Fulvia, invece, il confine tra il paesaggio esteriore ed interiore arriva prima impercettibilmente, poi sempre più chiaramente, a sfumarsi. Lo spettatore non riesce a quel punto più a capire dove inizia la realtà e dove finisce l’immaginazione, o viceversa. Dalle parole e dalle azioni di Milton, anzi, traspare ora un processo ancora più complesso: la trasformazione del paesaggio esteriore, in virtù dei moti di quello interiore. Per fare un unico esempio, il giovane dice di vedere le colline torinesi avvolte da una nebbia sempre più fitta e racconta di aver saputo dallo Sceriffo del paese di Mango che, in mezzo a quella foschia, Giorgio si è perso ed è stato catturato dai Fascisti. Ma, appunto, non si capisce se la foschia sia davvero presente, o almeno se sia così densa come si racconta, oppure se sia una proiezione della mente di Milton, annebbiata dal delirio. Il fatto che egli riferisca di aver avuto questa sua impressione confermata dallo Sceriffo non è dirimente. Questo personaggio non rientra infatti tra quelli interpretati fisicamente sulla scena dall’attore Petti, bensì è evocato dalla voce monologante di Milton/Barone, che a causa del suo delirio non può essere considerata una testimonianza del tutto attendibile sul mondo esterno.
Verso la fine del lavoro, infine, per la precisione durante la scena della fuga di Milton dai Fascisti che presidiano la villa di Fulvia, la dimensione immaginativa ed ossessiva sconfina nel reame del sogno. Il paesaggio interiore accelera insomma la sua presa e fagocita quel poco di realtà da cui lo spettatore era già stato in parte disancorato. A livello scenico, ciò si traduce nell’atto dell’attore Petti di porsi sul retro della scenografia e di suonare dal vivo la melodia Over the Rainbow di Judy Garland, che era la canzone che Fulvia e Milton spesso ascoltavano insieme. Grazie all’introduzione di questo elemento sonoro, che ha quasi qui la dolcezza di una ninna nanna, la fuga di Milton diventa estremamente poetica, si trasforma anzi quasi in un volo tra terra e cielo. Il personaggio trova qui forse l’unico momento di leggerezza e di distacco dalle sue ossessioni, una sorta di arcobaleno che spunta dopo la lunga decorrenza del temporale della passione d'amore e della guerra.
Sulla base delle considerazioni svolte, si possono dedurre due bei risultati che l’Associazione Teatro Macondo raggiunge con questo lavoro. La prima è che lo spettacolo Milton dimostra come si possa raccontare la storia della resistenza senza scadere nel cronachismo o, peggio, nell’ideologia. Il dramma di Milton non racconta direttamente questo evento storico, ma lo evoca con precisione e sottolinea la fragilità dei partigiani che lo attraversarono. Questi erano uomini fragili e insicuri, prima ancora che combattenti, che forse erano a loro volta come il ragazzo del romanzo: sospesi tra la realtà presente e i ricordi dolorosi dei momenti dolci del loro passato.
Il secondo risultato raggiunto ha invece a che fare con lo specifico del teatro. Milton riesce a mostrare, drammatizzando lo scontro tra il paesaggio esteriore e quello interiore del protagonista, come quest’arte si caratterizzi per essere una demolizione delle linee di confine. Entro lo spazio in cui gli attori recitano e in cui gli spettatori assistono, accade - seppure solo per un qualche attimo - che il mondo si faccia più largo e indiviso, da ristretto e frammentato che era. La realtà e l’immaginazione diventano, con il miracolo laico dell’arte del teatro, un territorio unico, dove attore e spettatore possono abbandonarsi con leggerezza a una fantasticheria, a un volo simile a quello della fuga di Milton.