Hamlet Solo
da William Shakespeare
creazione Francesco Pititto, Maria Federica Maestri
traduzione, drammaturgia, imagoturgia Francesco Pititto
regia, installazione, costumi Maria Federica Maestri
musica Andrea Azzali
interprete Barbara Voghera
attori in video Liliana Bertè, Franck Berzieri, Guglielmo Gazzelli, Paolo Maccini, Vincenzo Salemi
luci Alice Scartapacchio
produzione Lenz Fondazione
durata 50 minuti
Visto al Teatro Farnese di Parma l'11 ottobre 2019
di Enrico Piergiacomi
Il noto monologo To Be or not To Be nell’Amleto di Shakespeare costituisce un momento di tensione unica nell’originale shakespeariano. Il personaggio si trova sospeso tra due mondi: quello dei corpi dei vivi, dove è obbligatorio combattere e soffrire, e quello delle ombre dei morti, in cui ogni cosa diventa rarefatta e semplice. Di questa scena si possono dare due interpretazioni. Una è che la scelta di Amleto deve ancora compiersi: il suo dubbio tra l’ombra e il corpo, la morte e la vita, si pone perché il personaggio è effettivamente indeciso tra i due mondi. L’altra interpretazione è che la scelta è stata già presa. Amleto o ha scelto per la vita, e quindi quello che vediamo è reale, o ha scelto di scivolare tra le ombre defunte. E in quest’ultimo caso, quanto si assiste sulla scena può essere un suo sogno. Amleto dorme il sonno della morte, fantasticando visioni tra il celestiale e l’orribile.
Il capolavoro Hamlet Solo di Lenz Fondazione opta per questa seconda via, sensuale e onirica insieme. A interpretare Amleto è Barbara Voghera – attrice sensibile dal corpo minuto e fragile, ma dotato del grandissimo potere di far vibrare i sogni del giovane principe. Ne segue una rappresentazione in cui ciò che conta di più non sta nelle idee e nella trama, bensì nel ritmo delle parole e negli squarci visionari che l’artista riesce a creare dal vivo, dunque nella tessitura musicale e vitale della performance.
Entrando più nello specifico e nel tecnico, lo spettacolo Hamlet Solo consiste in una continua alternanza della recitazione delle scene dell’Amleto originale con le apparizioni di alcuni spettri della memoria del protagonista. Accade così, ad esempio, che il momento in cui Amleto/Voghera rinuncia a uccidere lo zio Claudio in preghiera sia seguìta dall’apparizione del fantasma gigantesco del personaggio, che intona un Padre Nostro per espiare i suoi peccati. Qui risulta quindi determinante il ricorso alla «imagoturgia» di Francesco Pititto che, lungi dal costruire un’immagine di puro ornamento alla vicenda principale, serve ad evocare uno spettro che ci mostra quanto nell’Amleto di Shakespeare era rimasto dietro le quinte. La preghiera di Claudio non è ascoltata da nessuno, infatti, nel testo originale, se non da Amleto stesso che è sulla soglia della sua stanza, sul punto di trafiggere lo zio. Ciò può significare che, attraverso la “imagoturgia”, noi entriamo dentro la testa inquieta di Amleto, proviamo le sue ansie e le sue speranze come se fossimo lì presenti a viverle. Gli spettri risultano essere così più sapienti dei vivi, nella misura in cui ci mettono in contatto con l’invisibile.
Un altro aspetto interessante da rilevare è una sorprendente mescolanza dei piani di realtà. Nello spartito di Hamlet Solo, infatti, spesso le ombre degli spettri – che dovrebbero essersi del tutto separate dalla materia – evocano le immagini più carnali e crude, ossia il marciume che pullula nelle pieghe più segrete della reggia di Elsinore e dei suoi dintorni. Essi parlano dello sperma che copre il letto fedifrago di Claudio, rappresentano il rantolo di Ofelia che annega più volte nel fiume, o fanno risuonare le grida di re Amleto che pretende vendetta. Viceversa, Amleto – che dovrebbe essere un corpo soggetto ai dardi della fortuna e alle disgrazie terrene – veicola i concetti più alti che promanano dagli accadimenti. Ciò succede per esempio quando l’attrice Voghera entra in scena con un grande tomo e, dopo averlo aperto, riflette in margine al Words Words Words del secondo atto dell’Hamlet, con cui si decreta l’inconsistenza della parole di costruire senso e, nello stesso tempo, si riconosce loro un potere evocativo. Se infatti Amleto può tramutare l’orrore di quanto accade in Danimarca in un sogno sinistro, ma anche esaltante e a tratti bello, è perché le parole che il personaggio sussurra nel dormiveglia non significa nulla, quindi possono diventare ogni cosa. Sono del resto le parole speciali che vengono pronunciate a teatro che consentono, nei minuti privilegiati della scena, di costruire un ponte tra i vivi e i morti, mettendoli in relazione reciproca.
Per usare un gioco di parole, potremmo concludere che Hamlet Solo è un “Hamlet in assolo”. La solitudine di Amleto/Voghera di fronte al suo destino di persona che deve riportare il mondo all’ordine viene controbilanciata dal suo gesto di sublimare il marcio della Danimarca in musica, che è anche l’atto che impedisce al suo sogno di tramutarsi in incubo.