"Walking thérapie": camminare per meglio percepire

Walking thérapie: psico-camminata urbana tra Rifredi e Scandicci

testo e regia di Nicolas Buysse, Fabrice Murgia, Fabio Zenoni
traduzione di Angelo Savelli
con Gregory Eve e Luca Avagliano
concezione sonora e musiche Maxime Glaude
prodotto nell’ambito di Estate Fiorentina 2019 e Open City 2019

Visto al Teatro Rifredi di Firenze il 30 luglio 2019

di Enrico Piergiacomi

Camminare può essere terapeutico per tre tipologie di enti. Il primo è il corpo, che grazie alla camminata tonifica ad esempio le articolazioni e il respiro, dando una serie di benefici al complesso dell’organismo. Camminare è poi una potenziale terapia di quella misteriosa entità che chiamiamo “anima”. Se si viaggia per una via all’aperto, entrando in contatto con nuove persone e altri ambienti, il pensiero può ritrovare infatti slancio e salute, o un rimedio da alcune forme di malessere: la pigrizia, l’ignoranza, la tristezza. Un terzo ente che può essere curato tramite camminata è, infine, la percezione. Se si attraversa lo spazio e il tempo con occhi speciali, possiamo forse conoscere luoghi e persone in maniera migliore di come li conosciamo attualmente, anche se abbiamo visto gli uni e le altre più volte nella vita quotidiana.
Lo spettacolo Walking thérapie dei drammaturghi belgi Nicolas Buysse, Fabrice Murgia, Fabio Zenoni propone questo terzo tipo di terapia. L’edizione italiana a cura di Angelo Savelli, messa in scena da Gregory Eve / Luca Avagliano e con la regia dei sopra menzionati autori belgi, prevede una camminata urbana all’interno della città di Firenze, a cui il pubblico partecipa dietro la guida di un duo di improbabili terapeuti.
Questi ultimi propongono, infatti, una Walking thérapie che è esaltata come la panacea di tutti i mali dell’epoca moderna. I due psico-terapeuti si fanno promotori, nello specifico, di una filosofia pessimistica, tinta di fosco esistenzialismo. L’essere umano è per natura un nulla ed è condannato ad una vita senza senso, senza felicità, con la conseguenza che il suo unico orizzonte di attesa consiste nell’angoscia e nel sentimento della vanità di ogni cosa. Ora, la Walking thérapie propone che l’unica via per rendere un poco tollerabile questa condizione di vuoto esistenziale è farsi stordire dalla risata. È del resto ridendo che l’essere umano dimentica per un attimo la sua condizione di sofferente, riducendosi allo stato di un beato babbeo. I due terapeuti credono, inoltre, che il modo migliore per innescare la risata sia quello di camminare per la città di Firenze, di cantare a squarciagola e di deridere tutti i passanti. Come recita una canzonetta inventata per l’occasione, noi «marciam per non sentirci marci», e ridiamo degli altri per non ridere di noi stessi.
Dal punto di vista del contenuto, Walking thérapie rappresenta una voluta parodia della filosofia dell’esistenzialismo. Il pubblico che viene guidato dai due terapeuti scoprirà presto, infatti, che questi personaggi trasudano solo una falsa sicurezza e millantano di possedere una sapienza medica che non hanno. In particolare, si appurerà col tempo che uno dei terapeuti è un ex-paziente della Walking thérapie, che crede di essere guarito dai suoi mali. Passando davanti alla casa della sua precedente moglie, che lo aveva abbandonato dopo la perdita del lavoro, però, il personaggio vede riaffiorare da tutta la disperazione che pensava di aver superato. Il suo comportamento diventa così sempre più isterico, in un crescendo che porterà alla fine all’interruzione della camminata che avrebbe dovuto “guarire” gli spettatori. La maschera di sapiente filosofico viene insomma alla fine abbandonata. I due terapeuti si rivelano essere semplicemente due cretini che, in modo simile ai protagonisti del romanzo incompiuto Bouvard e Pecuchet di Flaubert, si cimentano in un’attività in cui non sono competenti, arrivando a seminare in società solo rumore, confusione e folli disastri.
La proposta in sé è poco originale nel contenuto. La parodia della filosofia esistenzialistica è infatti una formula molto collaudata, spesso oggetto del riso della commedia, che lo spettacolo in questione si limita a variare senza introdurre grandi innovazioni. Ciò su cui Walking thérapie eccelle è, tuttavia, la sua capacità di coinvolgere il pubblico a livello meta-teatrale. Fingendo di essere due improbabili psico-terapeuti, Gregory Eve e Luca Avagliano allestiscono un esilarante e intelligentissimo gioco, che ha tuttavia di serio il fatto di rendere più acuto lo sguardo dello spettatore.
Proviamo infatti a calarci dalla prospettiva dei due cretini, a guardare il mondo come un grande nulla colmo di dolori, risentimenti e pericoli. Esso ne risulterà di colpo trasfigurato, o meglio sarà avviluppato in una visione del tutto delirante e che desta non una fittizia, bensì un’autentica ilarità dello spettatore. Ecco che accade, ad esempio, che un bambino che fa i capricci e viene preso in braccio dal padre diventa un ragazzo rapito da uno sconosciuto, o che la scritta Free Wi-Fi appesa sulla vetrina di un bar si muta in una protesta di liberare l’attivista “Wi-Fi” imprigionato da un governo di una società distopica e invadente, o che gli alberi piantati in un parco cittadino siano descritti come piante asservite alla crudeltà umana, o ancora che le persone che cenano in un ristorante al chiuso e al lume di una fiamma si trasformano in prigionieri nutriti a forza dentro un ambiente oscuro. Nulla di tutto questo è certo reale, eppure risulta talmente credibile e così ben descritto da rasentare la trasformazione in realtà.
Nel constatare però che è tutto una finzione, il pubblico è spostato dal pianto tragico al piacere del comico. In modo paradossale e geniale, quindi, i due cretini arrivano loro malgrado ad attuare la terapia che volevano diffondere. Il riso genuino che sgorga dalla realtà trasfigurata crea, infatti, quella che potremmo tentare di chiamare l’esperienza dell’«ilarità dello sguardo». Gli occhi degli spettatori sono indotti a vedere le cose come dentro un sogno allucinato, a volte cogliendo attraverso il gioco dei veri tratti assurdi del mondo in cui viviamo. È certo vero che un bambino piangente preso in braccio dal padre non è un bimbo rapito. Ma che dire, ad esempio, di altre evidenti stranezze? Pensiamo qui agli alberi costretti ad abbellire gli spazi di un parco cittadino. Qui in effetti si potrebbe essere d’accordo con la visione allucinata dei due cretini. Un albero spostato dalla natura alla città è veramente piegato alla crudeltà degli esseri umani, perché costretto ad abbellire le nostre città e non a crescere rigoglioso dentro una foresta. Il riso risulta almeno in questo caso un veicolo di uno stato di cose serio: quello di un'umanità che asservisce a sé ogni vivente, senza preoccuparsi del malessere che forse arreca.
L’elenco potrebbe continuare, ma vale qui fermarsi a sancire che Walking thérapie è davvero una camminata che muta il nostro sguardo, o ci disabitua a guardare in modo banale e normalizzato la realtà. Il gioco e l’esperienza del comico può anche avere una funzione terapeutica dello sguardo, o un’efficacia conoscitiva. Rivela come la realtà di cui forse innocentemente ridiamo è per alcuni aspetti assurda, degna della derisione più dissacrante.