Depero alla prova del tempo

Depero alla prova del tempodi Enrico Piergiacomi

SFORTUNATO DEPERO
progetto teatrale sulla vita e il percorso creativo dell’artista
con: Corinna Grandi, Andrea Pinna, Federico Vivaldi
testo e regia: di Carolina De La Calle Casanova
scenografie: Ilaria Bassoli | Davide Vivaldi
ambiente sonoro: Stefano De Ponti
costumi: Sara Gazzini Associazione Luha Jole Gianoli Grandi
organizzazione e promozione: Arianna Mosca
fotografie: Chiara Zeni
comunicazione visiva: Dario Serio
prodotto da: Associazione Elementare

La divisione in passato, presente, futuro è ritenuta spesso non problematica. Chi la ritiene vera e coerente potrebbe giovarsene per costruire un’ideologia che attribuisce a un dato segmento del tempo un dato valore e lo usa come criterio per regolare le proprie azioni. Questo era il caso del Futurismo. In linea generale, tale movimento esaltava il futuro come dotato di maggior valore rispetto al passato, dunque immaginava che le azioni presenti dovessero tendere a realizzare un avvenire migliore e a lottare contro la tradizione passatista, che soffoca le energie vitali e la giovinezza della razza umana.

Vi fu, tuttavia, almeno un Futurista che ebbe un rapporto ben più complesso con il tempo e ne mise in discussione la sua rigida tripartizione. Si trattava di Fortunato Depero, almeno se prestiamo fede a quanto ci è mostrato dallo spettacolo sFortunato Depero, scritto e diretto da Carolina De La Calle Casanova. Grazie a un serio quanto ben documentato studio delle sue opere, delle sue lettere e di numerose testimonianze indirette, la regista porta in scena una sintesi delicata e avvincente della vita dell’artista, che ci mostra appunto quanto complesso fosse il suo rapporto con il tempo.
Al pari del suo maestro Marinetti e dei suoi amici Futuristi, Depero certo riteneva che un essere umano dovesse usare le sue opere poetiche per creare le condizioni necessarie alla nascita futura di una nuova umanità. E tuttavia, le sue azioni concrete evocate sulla scena ci mostrano come questo ideale teorico fosse per lui impossibile da realizzare, senza un costante confronto tanto con il passato, quanto con il presente. Da questo punto di vista, il futuro non risulta essere un’entità dominante, dal valore assoluto: costituisce una delle molte spinte a migliorarsi, ad agire con coraggio e gioia, che ricava maggiore forza a sostegno da uno sguardo all’«oggi» e allo «ieri».
L’idea che Depero desse grande importanza al passato emerge, ad esempio, dalla rappresentazione del suo rapporto assai complesso con il maestro Marinetti e dalla scelta di “tradirlo” sul finire della sua vita, costruendo un museo che raccoglie le opere della sua giovinezza. Un simile gesto sottolinea come i Futuristi stessi avessero a suo dire bisogno di ricordare il loro passato, per trarre la forza necessaria alla creazione del futuro. L’importanza di uno sguardo al presente è sottolineato, invece, dal rapporto di Depero (Federico Vivaldi) con sua moglie Rosetta (Corinna Grandi), su cui si incentra buona parte dello spettacolo. La donna induce l’uomo, infatti, a riportare i suoi piani a volte troppo protesi verso un vago futuro a una sana valutazione di quanto accade «oggi», consentendogli di vincere le molte “sfortunate” disavventure in cui l’artista “Fortunato” incorse spesso nella sua esistenza. È quanto accade durante il primo viaggio a New York del 1928-1930, quando la popolazione americana era oppressa dalla fame della grande depressione, in cui Rosetta riesce ad attirare un pubblico pagante alla mostra del marito, promettendo cibo gratuito per tutti i visitatori. La visione del futuro di Depero non si sarebbe concretizzata, insomma, senza venire incontro ai bisogni immediati del presente.
Quanto è stato detto finora è rappresentato con tecniche recitative, scenografiche, drammaturgiche che potremmo definire realistiche. I personaggi di Depero e Rosetta parlano o agiscono, in tali frangenti, quasi esattamente come il Depero e la Rosetta storici parlarono o agirono. Ma la regista rende magico questo scenario alternando le scene realistiche con i dialoghi tra un Depero sdoppiato in una parte giovane e in una vecchia, che fanno da commento “filosofico” a tutta la vicenda. L’io anziano del personaggio (Andrea Pinna) mette in discussione, in particolare, le idee ingenue e miopi dell’io giovanile, mostrandone la pericolosità (e.g., che l’esaltazione futurista del potere “igienico” della guerra avesse portato alla «distruzione di massa dell’uomo») e presentando una concezione del divenire universale del tempo. «Il mondo è cambiato, il mondo cambia, il mondo cambierà», dice Depero vecchio. In questa corsa pazza del tempo, la tripartizione tradizionale si fa ancora più labile, mentre il futuro invocato dai Futuristi diventa vecchio, inattuale e passato. Tale agnizione consente ai personaggi di ripensare l’essenza stessa del Futurismo. Poco prima della fine dello spettacolo, esso è infatti definito come la disposizione creativa posseduta da coloro che guardano l’avvenire, mantenendo i contatti proficui col passato e col presente.
Da ideologia aggressiva, il Futurismo viene così interpretato da Carolina De La Calle Casanova come un saggio atteggiamento spirituale, che può essere recuperato anche da chi non ne condivide i presupposti. E il Depero storico viene trasfigurato dall’arte del teatro in un esempio di uomo nuovo e vitale: di colui che trova il coraggio di essere umano e artista, in un mondo che cambia assai velocemente.