La scienza in scena al Portland di Trento

La scienza in scena al Portland di Trentodi Valeria Tirabasso

Al teatro Portland di Trento va in scena la scienza. Una vera e propria lezione di meccanica quantistica che trasporta gli spettatori all'interno di un mondo sconosciuto ai più, ma con un risvolto umano e commovente che coinvolge gli intrusi osservatori di questa vicenda.
Intrusi, infatti, ci si sente fin dall'inizio, quando il professore di fisica (Andrea Brunello) entra in scena facendosi annunciare da un rumore di monetine rimescolate nelle tasche. Ne estrae alcune e gioca al testa o croce. Si intuisce subito, però, che non si tratta soltanto di un gioco, e ci si sente, appunto, intrusi nei pensieri e nei calcoli mentali del professore, nel suo mondo fatto di numeri e di esperimenti.

Man mano, però, il pubblico viene invitato ad addentrarsi in questo mondo lontano, a diventarne spettatore silenzioso e testimone. È lo stesso professore che, gradualmente, ci fa strada nella sua sconfinata fiducia nella scienza, mostrandoci la "meraviglia" che si nasconde dietro formule incomprensibili che, però, non fanno altro che descrivere la meraviglia della Natura. La bellezza di un fiore, ad esempio, spiegata scientificamente come un mezzo per attirare api e insetti, non solo non perde nulla della sua poeticità, ma rappresenta anche lo strumento per dimostrare due verità: da un lato la connessione che esiste tra uomini e insetti (entrambi colpiti dalla bellezza del fiore), dall'altro le connessioni infinite che uniscono ogni singolo particolare con tutti gli altri del nostro sconfinato universo.
La lezione di fisica entra quindi nel vivo, con la spiegazione di alcuni esperimenti, tesi non tanto a spiegare, quanto a incuriosire gli spettatori nella graduale scoperta di misteriosi concetti della fisica. Il professore è ben consapevole di avere di fronte un uditorio in larga parte estraneo al suo mondo, e per questo lo invita più volte a non cercare di capire tutto: «non è necessario capire ogni cosa per capire tutto». Tuttavia egli accetta la sfida di spiegare formule ed esperimenti complicati, anche se, ci confessa, oggi è un giorno particolare e lui stesso non sa fin dove lo spingeranno i suoi ragionamenti. A tratti la musica (composta e suonata dal vivo dal bravo Enrico Merlin) irrompe in scena e interrompe la narrazione, interpretando il flusso dei pensieri e le emozioni del professore, che l'ascolta estasiato. Gli esperimenti vengono quindi spiegati con un linguaggio semplice e un coinvolgente trasporto emotivo. Uno in particolare, l'esperimento della doppia fenditura, oltre a dimostrare il comportamento degli elettroni, ci spiega anche che se tentiamo di osservare la Natura, questa non si comporta più in modo naturale: le due lampadine posizionate accanto alle due fenditure dell'esperimento dovrebbero rivelarci quale strada percorrono gli elettroni, ma invece modificano il comportamento degli elettroni stessi. Lo scienziato, e con lui il pubblico, si sente quindi un intruso nell'osservazione del funzionamento della natura. Con un altro esperimento, il gatto di Schroedinger, questa sensazione di intrusione si fa più concreta e presente: lo scienziato ci mostra il paradosso secondo cui il gatto chiuso in una scatola è vivo e morto allo stesso tempo. Certo, possiamo aprire la scatola e verificare quale strada abbia preso l’esperimento, ma questo ne inficerebbe la validità. Ecco che il dubbio, l’incertezza, diventano paradigmi dell’esistenza stessa dello scenziato in generale e di quel professore in particolare. È qui che la parte più intima e personale dello spettacolo, finora soltanto a tratti accennata, prende il sopravvento. Attraverso un racconto emozionante fatto di "non detti" e suspense, il professore mostra al pubblico il lato più umano e sensibile della sua personalità. "Il principio dell'incertezza" diventa quindi la possibile via d'uscita da una realtà improvvisamente diventata inaccettabile. L'amore dello scienziato per il padre e la figlia, la sua cieca fiducia nel metodo scientifico, il bisogno di conoscenza spinto fino alle estreme conseguenze, sono gli ingredienti di un finale amaro al quale, ancora una volta, il pubblico assiste da intruso e impotente spettatore.
Andrea Brunello riesce ad emozionare profondamente con questo testo ispirato al premio Nobel per la fisica Richard Feynman, portando sul palcoscenico il rigore scientifico ma anche la passione per la scoperta e la comprensione dei meccanismi che presiedono al funzionamento del Mondo, della Natura, dell'Universo.