L'inconsapevole schiavitù dei N.I.P

di Enrico Piergiacomi

NIP_ Not Important Person è lo spettacolo di Carmen Giordano e Marco Semiele rappresentato per la prima volta a Trento nel Teatro Cuminetti e insignito, il 16 maggio 2013, del Premio Nuova Scena organizzato dal Centro Culturale S. Chiara. Con la regia della stessa Giordano e la partecipazione dagli attori Woody Neri, Maura Pettorruso, Stefano Detassis, mette in scena i pensieri nascosti e i frammenti di vita delle cosiddette «persone qualunque», o appunto dei N.I.P., mostrando che ciò che esse vogliono è la semplice soddisfazione dei desideri più banali: mangiare, far sesso senza complicazioni, avere un corpo prestante e attraente, svagarsi sui social networks, accumulare soldi, sottomettere e aggredire l'altro quando si ha la possibilità di non venire scoperti o puniti.

E denuncia, nello stesso tempo, che tale condotta non deriva da una propensione naturale dell'essere umano, bensì scaturisce da alcuni condizionamenti indotti dall'esterno, che la persona qualunque asseconda senza rendersene conto.
Quanto appena detto risulta confermato in modo lampante non appena si osserva che gli attori che recitano i N.I.P. non impersonano dei personaggi, animati da sentimenti, ambizioni e tendenze interiori. Piuttosto, calcano un palcoscenico pressoché spoglio di oggetti – solo due telecamere e un impianto video collocato sullo sfondo riempiono lo spazio altrimenti vuoto – travestiti da robots inespressivi, muti, asessuati, dal movimento sincopato o spesso inceppato, programmati da un’ignota équipe di burattinai a cambiare continuamente identità e a limitarsi a esprimere con un linguaggio estremamente volgare i bisogni banali che intendono soddisfare. Ad esempio, essi impersonano ora una coppia di coniugi che non fa più l’amore e sostituisce il rapporto sessuale con la visione di materiale pornografico, ora un gruppo di adolescenti che creano video demenziali da caricare su YouTube, ora un guidatore che investe volutamente una persona per «sentirsi un dio». Tutto ciò che i N.I.P. fanno sulla scena risulta di conseguenza molto astratto e innaturale, manca di quella seduttiva quanto vitale concretezza che possiede chi è guidato internamente da moventi o emozioni forti. Inoltre, a indurre a pensare che quanto avviene sulla scena sia programmato artificialmente dall’esterno è pure il fatto che tutte le parole che gli spettatori odono sono pronunciate da una voce fuori campo, così come una buona parte delle azioni fisiche (compiute sì con il corpo sulla scena, ma anche proiettate sull’impianto video nello sfondo) sono molto stilizzate e a tratti persino molto meccaniche.
Il motivo che spinge i burattinai ad “installare” nei N.I.P. solo desideri brutali e banali non viene mai esplicitato chiaramente, ma si può ipotizzare che dipenda da due ragioni. In primo luogo, dall’intento di asservire questi uomini agli interessi dei burattinai. Installando nella persona qualunque la tendenza smodata verso il piacere e l’autoaffermazione, la suddetta équipe ottiene l’effetto di distoglierla dal perseguimento di beni/affetti più profondi e di mantenere viva l'attrattiva verso gli oggetti che offrono una rapida soddisfazione corporale (macchine, prodotti di bellezza, cibo, siti porno a pagamento, ecc.), di cui presumibilmente detengono il monopolio di produzione. In secondo luogo, l’oscuro disegno dei burattinai potrebbe dipendere dalla volontà di rendere i N.I.P. agli occhi di tutti un mezzo di svago. Non a caso, al termine dello stesso, gli spettatori vengono a sapere che i robots aspettavano proprio loro per cominciare a recitare, allo scopo di divertirli con una comica rassegna delle loro miserie quotidiane.
Sia pure in maniera paradossale, anche questa seconda ragione costituisce tuttavia una logica applicazione della strategia di asservimento. Infatti, rendendoli oggetto di pubblico disprezzo, l’équipe crea un effetto di distanziamento tra i N.I.P. e le persone “non comuni” presenti nel pubblico, le quali si convincono di essere superiori ai primi per doti naturali. Gli spettatori colti presenti nel pubblico vengono, dunque, portati a pensare che i N.I.P. sono uomini volgari che non meritano alcuna solidarietà, e arrivano a rinunciare ad intraprendere una qualunque forma di opposizione, lasciando ai burattinai il totale dominio.
Senonché, proprio nel momento in cui lo spettacolo si avvia alla conclusione, accade che i robots si liberano temporaneamente dai loro padroni e compiono l'unica vera quanto importante azione fisica di tutto il lavoro. Dopo aver dichiarato la loro intenzione di filmare a circuito chiuso i N.I.P. da vicino, essi riprendono per circa tre minuti l'intero pubblico, senza lasciarsi sfuggire una singola persona. Così facendo, i robots rivelano che è falso pensare che esistano N.I.P. e non-N.I.P., che si possa dividere l'umanità in persone comuni mosse solo dagli istinti più bassi e persone fuori dal comune che godono di una condizione mentale superiore. Infatti, tutti gli uomini – indistintamente e indipendentemente dalle distinzioni culturali/sociali – sono robots che credono di essere vivi e liberi, quando in realtà sono morti e asserviti a padroni invisibili. Anche l’uomo colto è, del resto, costretto a ricercare il piacere che segue alle facili soddisfazioni materiali, oppure mosso dalla vocazione inconscia a sopraffare l’altro, affermando con la propria attività intellettuale un’apparente superiorità. Ma se questo è vero, il filmato dimostra che dobbiamo opporci al dominio dei burattinai, impegnandoci a sopprimere le cattive ambizioni che ci vengono indotte da fuori e risvegliare, poco alla volta, le potenti passioni nascoste in ciascun essere umano. In altri termini, poiché ci troviamo ad essere tutti dei N.I.P., costretti a recitare con gesti e parole astratte un’umiliante commedia, ogni nostro sforzo dovrà essere rivolto non già a ricercare un qualche oggetto esterno di dubbio valore, bensì a riappropriarci di noi stessi.
Su come questa resistenza debba essere attuata, lo spettacolo tace. Essendo infatti volutamente allusivo, il lavoro si limita a sottolineare con alcuni indizi quale sia la condizione in cui ci troviamo, senza ambire a proporre una soluzione. Nonostante ciò, ha l’ulteriore merito di indicare che la liberazione dalla condizione di N.I.P. è un obiettivo possibile, attraverso un ultimo elemento scenico. I robots hanno scritto sopra più punti della loro corazza la parola “fragile”. Ad uno sguardo attento, quest'ultima potrebbe segnalare che la corazza robotica che ci opprime e non permette l'emergere della nostra autentica personalità è una barriera che può andare facilmente distrutta, se si riesce a colpirla nei modi e con l'intensità giusti.