La Tempesta di Eduardo. «Nuie simme fatte cu la stoffa de li suonne»

di Valeria Tirabasso

Nella versione marionettistica messa in scena dalla Carlo Colla & Figli al teatro Grassi di Milano, La Tempesta di Shakespeare nella traduzione in napoletano del Seicento di Eduardo assume contorni magici e fiabeschi ma anche incredibilmente reali e sensoriali. La magia, la fiaba, il sovrannaturale sono certamente fattori già insiti nel testo shakespeariano, ma lo spettacolo, armonizzando colori, luci, effetti speciali, scenografie, musiche e canti, costumi, movimenti e numerosi colpi di scena contribuisce a rendere gli elementi magici quasi naturali agli occhi del pubblico.

Nonostante il taglio di alcune scene (la partita a scacchi tra Miranda e Ferdinando ad esempio) e la compressione di altre (la tempesta iniziale, il masque, la scena del perdono finale) lo spettacolo non perde di efficacia e riesce a trasmettere intatte le tipicità del testo di Eduardo. Un testo che non è una semplice traduzione, ma pittosto una ri-ambientazione linguistica e culturale della vicenda, che dalla Napoli del Seicento non assume soltanto la bellezza e l'espressività della lingua, ma anche la caratterizzazione di personaggi e modi di vivere.
Si alza il sipario. Prospero è seduto in una sorta di proscenio, spalle al pubblico, il suo libro di magia aperto su un leggio. Si ha l'impressione da subito che egli sia il regista che assiste alla prova generale del suo spettacolo, uno sguardo al copione ed uno alla scena. A un gesto del mago parte la musica e il fondale della sua caverna si apre, mostrandoci l'antefatto della vicenda, il matrimonio di Claribella con il Re di Tunisi. Il palco del teatro è significativamente suddiviso in tre settori, e a ciascuno di essi corrisponde una funzione specifica: il settore più esterno è la caverna di Prospero, luogo dell'incontro tra Ferdinando e Miranda, dell'ingresso in scena di Calibano, delle richieste e degli ordini impartiti dal mago ad Ariele. Il secondo settore è quello in cui vengono confinati sia la corte che il trio dei buffoni. L'ultimo settore, quasi un retropalco, è il luogo della magia e solo Ariele, gli spiritelli e Prospero possono accedervi. A delineare il confine tra il primo ed il secondo settore c'è il fondale della caverna del mago, che si apre e chiude numerose volte come un sipario. Tra il secondo e il terzo, invece, c'è una sorta di portale di un tempio sulla cima del quale campeggia la scritta "Nuie simme fatte cu la stoffa de li suonne", vera morale e significato ultimo della vicenda. La struttura sembra voler suggerire che il teatro vero e proprio consiste soltanto in ciò che vediamo oltre il portale, e cioè nei giochi di magia di Ariele e Prospero, con gli spiritelli al seguito. La suggestione è confermata dalla scena del masque, che avviene dietro a una riproduzione in miniatura dello stesso portale, ovviamente nel retropalco.
La musica assume un ruolo centrale, nel rispetto del testo originario ed anche dell'adattamento di Eduardo: melodie diverse sottolineano i diversi sub-plots, da quelli buffoneschi della Congiura degli Stolti, a quelli drammatici della Congiura dei Potenti, ai bellissimi canti di Ariele interpretati da Antonio Murro, fino al finale, in cui il perdono di Prospero per tutti i suoi nemici viene drammatizzato senza l'ausilio delle parole del testo, ma soltanto con musiche e melodie che traducono in emozioni per il pubblico le emozioni dei personaggi. Melodramma, musical, tarantelle: tutte queste tradizioni musicali vengono armonizzate dai sapienti gesti di Prospero, che a tratti si mostra come il direttore d'orchestra severo ed esigente che non tollera una nota stonata. Oltre alla musica, anche le voci dei personaggi, tutte registrate dallo stesso Eduardo, eccezion fatta per Miranda (Imma Piro), alimentano quel senso di straniante ma al contempo realistica percezione del magico che avvolge tutto lo spettacolo. Solo la maestria di un teatrante esperto come Eduardo poteva riuscire nell'impresa di usare la propria unica voce per rendere vivide le sfumature di una decina di personaggi, riuscendo a trasmettere al pubblico non soltanto le specificità di ciascun carattere, ma anche il modificarsi delle personalità nelle diverse situazioni.
Ariele, ad esempio, nel rispetto dell'adattamento di De Filippo si presenta come un vero scugnizzo. La marionetta, infatti, si caratterizza per l'aspetto trasandato, l'espressione del viso furba e astuta e l'immancabile cappello, ma anche per l'atteggiamento riluttante nei confronti degli ordini del mago, l'esagerata, quasi pacchiana, sfrontatezza nei travestimenti e la gestualità teatrale tipica dei napoletani. Quando Prospero gli ordina di travestirsi da ninfa per attirare Ferdinando verso la grotta, ad esempio, Ariele dapprima si mostra restio, ma poi accetta di portare a termine il compito mascherandosi in modo quasi carnevalesco e certamente esagerato. È lui, assieme a Prospero, a realizzare uno dei più riusciti colpi di scena dell'intero spettacolo. Al momento di drammatizzare il masque per celebrare l'unione di Ferdinando e Miranda, Prospero ed Ariele da burattini si trasformano in burattinai, svelando i meccanismi dell'arte di manovrare le marionette, così come nella Tempesta di Shakespeare il masque era stato il momento in cui il regista svelava i meccanismi del teatro.
Anche Calibano, una marionetta gigantesca che per muoversi ha bisogno di tre manovratori, rispecchia la natura del personaggio, sia nella caratterizzazione originaria (è Shakespeare infatti a disegnare Caliban come un mostro refrattario alla cultura) sia nelle nuove sfumature che gli vengono attribuite nella riscrittura di Eduardo (dove in Calibano si accentuano le caratteristiche negative e volgari, ma anche la profondità del pentimento finale). Il suo volto ed il suo corpo riescono a trasmettere, quasi fossero veri, emozioni che vanno dalla rabbia alla sfrenata e goliardica derisione, dalla disperazione al pentimento più sincero. Con Calibano accanto, addormentato in scena nella stessa posizione che era stata di Miranda all'inizio, Prospero pronuncia il suo famoso monologo finale, che, ancora una volta, smaschera con un colpo di scena ancora più eclatante del precedente, i trucchi non solo del teatrante, ma anche del burattinaio. Mentre Prospero parla, con la voce emozionata di Eduardo, si solleva il cielo di carta e lentamente appaiono alla vista del pubblico tutti i manovratori che hanno sapientemente dato vita a questo meraviglioso spettacolo. E ancora una volta la magia del teatro si dimostra più forte proprio nel disvelarsi: gli occhi del pubblico restano magneticamente attratti a fissare il soffitto del palco, quasi che lo spettacolo si fosse trasferito lassù, oltre i fili che guidano i gesti di Prospero. E mentre lo spettatore osserva i burattinai, questi guardano giù verso il mago, come incantati dalle sue parole, come se fossero loro il pubblico per cui quel monologo è stato scritto oltre quattro secoli fa.