"Nuovo Eden" di Leonello. I luoghi sono le persone

Nuovo Eden
Di e con Jessica Leonello
Regia Manuel Renga
Video Nicola Zambelli
Scene Mario Leonello, Mario Barnabi, Manuel Renga
Con il sostegno di Residenza Idra Brescia, Verdecoprente Residenze Artistiche, ASM Brescia
Visto il 17 novembre 2017 presso il Teatro Portland di Trento

di Enrico Piergiacomi
 

Esiste una formula fortunata che dice che il teatro avviene “qui e ora”. Il suo portato esplicativo è tuttavia solo apparente: a ben guardare, esso non ci dice in che cosa l’esperienza teatrale differisca da altri avvenimenti a cui noi aderiamo completamente nel presente. La formula “qui e ora” può essere benissimo usata per descrivere anche l’immediatezza e la piena presenza del bacio tra due innamorati, o per identificare l’istante in cui un essere umano rantola l’ultimo respiro. Anche questo scritto è poi elaborato “qui e ora”, sulla base delle conoscenze, dell’umore e del materiale di studio a cui ho attualmente accesso.
Questa formula molto abusata e troppo generica ha tuttavia un merito indiscutibile. Essa suggerisce che il teatro è un modo di abitare il tempo e di attraversare lo spazio, che è completamente diverso rispetto a quello adottato mentre svolgiamo altre attività. “Qui e ora” mi concentrerò sul secondo dei due aspetti, entrando in dialogo con lo spettacolo Nuovo Eden di Jessica Leonello. L’artista affronta al suo interno, infatti, il problematico rapporto del teatro con lo spazio non solo scenico, ma anche urbano e cittadino.
La circostanza dello spettacolo Nuovo Eden è molto chiara. Un uomo anziano di Brescia (Cesare) entra in coma per 15 anni e, dopo il suo risveglio, trova la sua città del tutto cambiata. Per esempio, il cinema Eden – che prima proiettava solo pellicole erotiche ora – “qui e ora” è diventato un cinema d’autore, che programma un focus su Wim Wenders. Nella sua Brescia mutata, inoltre, Cesare va in cerca del figlio perduto, su cui nessuno dei personaggi con cui entra in contatto (il personale dell’ospedale, la sua amica prostituta e trans-sessuale Dolores, ecc.) sembra sapere nulla, o almeno non sembrano disposti a fornire informazioni. Il personaggio attraversa, insomma, uno spazio in cui sono cambiate anche le persone e le situazioni, con cui ora fatica a relazionarsi.
La vicenda in sé già basterebbe a sottolineare il punto che sta a cuore a Leonello. L’artista intende mostrare, e ci riesce, che le nostre intuizioni ordinarie sullo spazio sono del tutto errate. Noi tendiamo ad accettare una sorta di dualismo, secondo cui i luoghi sono una cosa e le persone un’altra. In altre parole, siamo proclivi a pensare che gli uni e le altre sono distinti/diversi. In realtà, lo “straniamento” di Cesare rispetto alla sua Brescia mostra come i due piani siano convergenti. Le persone mutano comportamento, aspettative e desideri, a seconda dei luoghi in cui si trovano ad operare. Per converso, i luoghi sono trasformati dalle persone e diventano o “vivi”, o “morti”, a seconda di come vengono abitati e attraversati. Una casa in cui è avvenuto un lutto è molto diversa dallo stesso identico edificio in cui abita una coppia di sposi appena maritati.
Ma aldilà della vicenda, anche la realizzazione tecnica di Nuovo Eden evidenzia bene che il rapporto luoghi/persone è di tipo monistico, più che dualistico. Lo spettacolo sovrappone insieme, infatti, almeno tre luoghi in un unico spazio. Abbiamo il palcoscenico del teatro in cui il lavoro viene messo in scena, la Brescia presente che Cesare scopre essere diversa da quella che lui conosceva, la Brescia passata che vive nei ricordi di Cesare e in alcuni materiali video o fotografici, che vengono periodicamente proiettati sulla scena. E in ciascuno di questi tre luoghi, possiamo identificare almeno tre persone sovrapposte: l’attrice Leonello che recita Cesare e Dolores, il Cesare presente che cerca il figlio, il Cesare passato che conduceva la sua vita serena nei suoi luoghi preferiti. Ora, tale confluenza dei luoghi nei luoghi e delle persone nelle persone non potrebbe avvenire, se appunto gli uni e le altre non fossero identici, o almeno potentemente intrecciati tra loro. Anche se non siamo a Brescia, l’attore riesce comunque a calarci in essa con un’illusione scenica e ci permette di verificarne le trasformazioni.
Altrettanto valevole di essere ricordato è poi il lavoro di Leonello sul cosiddetto “teatro di figura”. I personaggi di Nuovo Eden non sono infatti rappresentati da attori in carne e ossa. Cesare e un giocatore indiano di cricket sono interpretati da Leonello che indossa una maschera, mentre Dolores è una "puppet ibrido" (ovvero un puppet in cui una parte del corpo del puppet è il corpo stesso dell'attore). Altri personaggi minori sono invece evocati sulla scena con un oggetto e un cambio netto di voce da parte dell’artista – per esempio, dei poliziotti sono rappresentati con un berretto “da sbirro” e una recitazione dal ritmo accelerato / in falsetto. Sul versante del “teatro di figura”, l’attività prettamente recitativa di Leonello raggiunge i suoi vertici. Quando indossa una maschera e muove il puppet Dolores, l’attrice riesce a passare da registri ritmici, tonali, stilistici con estrema facilità e senza mai apparire retorica. Le figure del suo spettacolo non sono allora banali automi o abbellimenti, ma appendici e prolungamenti del suo corpo, che danno vigore a quanto accade sulla scena. E mantenendo la debita cautela, anche l’elemento del “teatro di figura” di Leonello potrebbe essere ricollegato al tema dello spazio. Un puppet è una “persona” che entra in relazione con l’attore o l’attrice che ha la responsabilità di guidarla e muta di qualità/carattere quando recita sulla scena. Senza un teatro, essa è forse solo un pezzo di legno, di plastica, o di altro materiale inanimato. Al suo interno, acquista una vita e una poesia che prima non possedeva.
Entro questa cornice e a partire dal discorso che abbiamo svolto, dove andrebbe collocato il “qui” del teatro? L’ipotesi che Nuovo Eden di Leonello ci sottopone è che “teatrale” è quel luogo in cui si acquista la chiara percezione di come persone e luoghi mutano reciprocamente, dunque non siano in sé separabili. L’attore che recita in uno spettacolo dà infatti una qualità diversa allo spazio scenico in cui rappresenta la sua opera: “qui e ora” lo spazio diventa poetico, mentre prima era (e dopo la conclusione del lavoro tornerà ad essere) un semplice locale vuoto, dove si potevano svolgere senza problemi anche altre attività (una cena, una festa, ecc.) con persone molto diverse. Lo stesso punto vale per Brescia, teatro della vicenda di Nuovo Eden. Se non ci fossero persone o spettacoli che ricordano come la città fosse molto diversa 15 anni fa, non esisterebbero una “Brescia passata”: esisterebbe solo la “Brescia presente”.
Alla domanda che Nuovo Eden sottopone al suo pubblico («Ma sono i luoghi che cambiano le persone? O le persone che cambiano i luoghi?»), bisognerebbe allora rispondere: entrambe le cose. I luoghi sono le persone che lo abitano e le persone sono i luoghi che occupano / attraversano. Un mutamento degli uni implica una necessaria trasformazione delle altre.